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La terra del sole
di Adriano Bologna
Passarono mesi prima che Agron potesse di nuovo tornare in forze e il suo sangue avvelenato dal morso, potesse di nuovo essere disintossicato. Dopodichè riacquistata anche la memoria, un mattino Agron venne a sapere da un mendicante che veniva dalle parti di Policorvo, di aver avvistato la lupa bianca nei pressi della località di Quercianera, dove la bestia aveva sbranato alcune pecore dei pastori di Casalanguida. A questo punto Agron pensò che non vi fosse più tempo da perdere e chiese a Sahra di ´far portare di nuovo a lui, le sue armi ed un cavallo, ne sarebbe stato riconoscente’. Allorchè Sahra capendo il suo intendo, scoppio in lacrime, Agron le promise che un giorno sarebbe tornato a farle visita.
Ad Agron venne dato il miglior puledro della stamma dei Mesopotami, tutta la stamma venne con tristezza a salutare la sua partenza e il capo dei Mesopotami lo salutò con queste parole. “Gli Dei ci regalarono te come amico nella guerra contro i pagani, con la nostra e la tua vittoria, i nostri figli potranno vivere per sempre nella fertile terra del sannio, noi saremo sempre a te riconoscenti o Agron e ti prometto che anch’io un giorno cavalcherò fino alla terra del sole, la terra della valle del sinello, la tua terra o Agron di cui tu sei tanto fiero, così potrò di nuovo riabbracciarti e dalla tua collina vedrò per la prima volta il sole nascere dal grande lago degli Oski, il mare di Histonium, noi non ti dimenticheremo mai ed io spero che anche tu un giorno tornerai a farci visita. Agron visibilmente commosso, salì sul puledro di due anni e lo spronò al galoppo.
Alle sorgenti del trigno
di Adriano Bologna
Quando il sole sorse per la terza volta dalla grande riunione, 3oo guerrieri Mesopotami più Agron si diressero nella pianura del Sannio, nei pressi di un posto dove l’acqua gorgoglia ed emana un bruttissimo odore, presso l’attuale Telese terme, i Lucani attaccarono i Mesopotami.
Agron era salito da solo su una collina sovrastante. Il suo arco era micidiale, alla distanza di trecento piedi colpiva inesorabile i guerrieri Lucani al petto. Nel giro di alcuni minuti la stamma dei Lucani venne decimata dall’avido arco di Agron. Quando le sue frecce partivano dall’arco teso al non più, emettevano un fischio tanto era la potenza d’urto nell’aria che trafiggevano.
Agron continuava a colpire inesorabilmente, i Lucani vedendo tanti guerrieri caduti tra le proprie file senza riuscire a capire da dove venissero le frecce, in breve tempo si arresero, sottomettendosi ai Mesopotami.
Una parte di loro fuggi in ritirata dirigendosi a cavallo verso le montagne circostanti. Agron vedendoli passare avanti a se li avrebbe potuto colpire, ma non lo fece ne ebbe pietà, tra l’altro non voleva mettere contro se stesso
anche gli Dei dei Lucani.
Dopo la vittoria, i Mesopotami fecero in ginocchiare tutti i prigionieri lucani e questi erano costretti a passare inginocchiati sotto le lance incrociate dei mesopotami. A questo punto Agron, sceso di nuovo dalla collina, si rivolse al capo Mesopotamo, non approvando tale umiliazione disse: “Il nemico si può combattere e sconfiggere, ma mai umiliare, perchè tutti gli uomini hanno un Dio che li protegge, umiliando un guerriero, offendi un Dio.”
All’indomani della vittoria sui lucani, Agron si svegliò di buon ora e accompagnato dal guerriero Mesopotamo, si diresse verso le sorgenti del Trigno. Arrivati in un posto dove con il cavallo non si poteva più andare, legati i cavalli sotto un albero, continuarono a piedi la marcia. Ma dopo alcuni minuti udirono i cavalli scalpitare e gridare di dolore, erano stati attaccati dal branco di lupe e la scena che si presentava agli occhi dei due guerrieri era straziante. Usciti fuori dal bosco seguendo le tracce delle lupe, il branco si vedeva ancora, Agron che aveva imbracciato già il suo arco, incominciò a colpire. Una dopo l’altra, colpiva le lupe, sebbene la distanza fosse notevole, inesorabilmente, ed una alla volta, le lupe, colpite al cuore, rotolavano giù per la scarpata senza più vita.
Il grande capo
di Adriano Bologna
All’indomani, come onorato ospite Agron seguì il capo dei Mesopotami, arrivati dopo ore di ripidi sentieri a cavallo, sulla montagna di Cassino, potè sedere all’assemblea dei vecchi, della stamma dei Mesopotami che lo accolsero con grande rispetto, visto che in molti conoscevano le sue nobili origini e le sue doti di grande guerriero. Un componente la stamma per salutarlo, disse a lui: “Agron, io una volta cavalcai fino alla nobile terra degli Oski, io ho visto le dolci rive del fiume sinello e i soavi pendii di montenero e montesorbo, dove l’erba nasce quattro volte abbondante per la gioia dei vostri pastori, io vidi la collinetta sulla quale nascerà l’ancor più nobile borgo di Carpineto e la collinetta di Policorvo, quella di Casalanguida e quella della Montagnola, le terre dei vostri pastori, se i tuoi Dei te lo permettono, usa il tuo arco contro i Lucani e fa in modo che i nostri figli potranno crescere qui nella generosa terra del Sannio, in cambio ti guiderò nelle strette gole al di sopra delle sorgenti del Trigno, dove la bestia allatta i suoi cuccioli predestinati alla malvagità. I tuoi Dei che ti hanno, con la morte di tuo figlio, riservato tanto dolore, hanno debito nei tuoi confronti e sono sicuro che le frecce del tuo arco sono adesso ancora più precise e veloci, se tu ci aiuti a sconfiggere i Lucani, tornerai nella terra del sole, nella terra dove giace il tesoro dei tuoi avi, nella terra del fiume dei fiumi, nella terra del Sinello, con la pelle della bestia appesa alla sella del tuo cavallo”.
Agron rispose: “Con gli Etruschi, che vivono a nord del nostro stato, abbiamo un trattato di non aggressione, ma con i Lucani che a sud del mio stato sono anche per noi una minaccia, sono disposto a combattere, il mio tempo però stringe, ed io ho cinque soli che nascono di tempo, quindi nel giro di cinque giorni dovremo attaccare i Lucani, se faremo presto sono disposto a mettere il mio arco al servizio della stamma dei Mesopotani.”