Archive for febbraio 2009
Razzisti?
Riceviamo da Antonino Spinnato:
Razzisti?
Ascoltando le dichiarazioni del garbato Borgomastro della Città del Vasto sulla questione dei Rifugiati Politici, non solo si accappona la pelle ma un senso di nausea pervade sia il corpo che la mente. Che a fare queste singolari dichiarazioni, sia un uomo che ha militato nel PCI fin da quando aveva i calzoncini corti e che, a quanto si dice, abbia frequentato il seminario, getterebbe nel panico sia Madre Teresa di Calcutta che Leonid Breznev. La gravità del “gesto politico” – No ad un centro per rifugiati politici- veniva poi fatta avallare all’intera Giunta Comunale di Centrosinistra con l’escamotage che non sussistevano le condizioni, in via San Sisto. Perché non ci si è preoccupati di trovare un sito alternativo che rispondesse ai requisiti richiesti?. Si deve constatare che all’interno della Giunta Comunale siedono sia esponenti dell’area Cattolica che esponenti della Sinistra Critica, Pardon, Democratica, cioè persone che per la loro formazione politica sono lontani anni luce dalla cultura xenofoba imperante. Eppure, nessuno ha udito un sibilo, una parola fuori dal coro, anzi.
La sceneggiata si sta ripetendo pari pari con il Cie, che bisogna ricordarlo in realtà sono dei veri e propri Lager, dove gli Immigrati vengono trattenuti per un periodo non superiore ai sei mesi per essere identificati, un tempo di detenzione eccessivo per uno che non ha fatto niente di male. Il Borgomastro della Città continua a mandare messaggi rassicuranti agli imprenditori che vedono minacciati i loro interessi economici dall’insediamento del Cie e così facendo si mette al riparo anche dagli attacchi della Destra cittadina, dimenticando, ancora una volta il proprio elettorato. Ma la beffa è in agguato, poiché sembra, che il Maroni di turno se ne infischi del Borgomastro e con le sue scelte lo metterà in difficoltà. A quel punto l’opera sarà completa, giacché, il Cie si farà comunque, l’elettorato di Destra svergognerà l’intera Giunta Comunale (quello di Sinistra lo sta già facendo a dire il vero, per motivi opposti) e tutto intorno lo sciame Razzista avrà pervaso l’intera Città.
Ci saremmo aspettati dal Sindaco e da questa Giunta di Centrosinistra un comportamento più improntato all’accoglienza ed alla tolleranza, invece registriamo continuamente atteggiamenti al limite del Razzismo e della Xenofobia.
27 Febbraio 2009
Verdi VastoAntonino Spinnato
Precisazione su dichiarazioni di Di Fabio
Riceviamo da Antonello Tiracchia, presidente di Nuovo Senso Civico, la seguente precisazione relativamente alle dichiarazioni espresse nel comunicato di Giusto Di Fabio:
Gentilissimo Direttore, leggo l’intervento del signor Giusto di Fabio in merito al Disegno di Legge proposto dall’Assessore Mauro Febbo. A parte alcune inesattezze su argomenti che si sono evoluti senza che l’estensore dell’articolo si rendesse conto (come per esempio il DdL 1441 ter che non è più tale da un pezzo!), in qualità di iscritto al CNV non trovo corretto che il signor Di Fabio si qualifichi come presidente del comitato stesso per tutta una serie di ragioni.
Il signor Giusto Di Fabio si è spontaneamente dimesso dal CNV diffondendo urbi et orbi la sua decisione: le sue dimissioni sono state accolte dal Comitato che ha democraticamente eletto un altro Presidente nella persona del signor Lino Olivastri.
Per motivi oscuri il signor Di Fabio avrebbe voluto rientrare nel CNV conservando la carica di presidente ma l’evidenza dei fatti (l’assemblea per le elezioni del nuovo presidente e soprattutto la maggioranza democratica del comitato stesso (9 su 12) non lo vuole.
Per motivi altrettanto oscuri ha deciso di citare in giudizio tutti gli iscritti che non lo gradiscono come presidente (me compreso).Chiarito questo aspetto, visto che è tutto in mano alla Legge e sino a quando la Legge non deciderà in merito, non dovrebbe firmare con l’appellativo di Presidente.
Volevo inoltre rimarcare il fatto che non solo Nuovo Senso Civico, il movimento di cui sono presidente e che conta circa 3000 adesioni, ma anche gli altri movimenti e comitati, dopo le spontanee dimissioni dell’ex presidente Giusto Di Fabio, stanno lavorando in totale armonia insieme al Comitato Natura verde di cui riconoscono i meriti storici ed apprezzano le capacità dei suoi membri.
Grazie per la sua cortese attenzione
Antonello Tiracchia
I pescherecci dell'Adriatico
Riceviamo da Antonio Bianco:
Ieri Repubblica aveva un pezzo sulla pesca in Abruzzo che sconsiglio a chi innanzitutto non si vuole angosciare. Chi ama i sapori forti lo trova di seguito ed è pregato di diffonderlo, prima ci rendiamo conto e prima ne usciamo fuori.
Le reti vuote dell’ Adriatico
Repubblica — 25 febbraio 2009 pagina 33 sezione: R2
PESCHERECCIO ANTONELLA LUCI (Nel mare Adriatico al largo dell’ Abruzzo) Sotto, il mare è vuoto. Il deserto, sommerso, è invisibile dal ponte invaso di corde indurite dalla neve e dagli spruzzi, di reti e di catene. La chiglia si impenna e precipita in un impasto nero e grasso, come una valanga di ferro e di cemento in cerca di un’ altra ondata bianca che la respinga dalla sabbia nel vento. Sopra, l’ Adriatico è pieno. Anche la selva dei pescherecci, in superficie, si nega agli occhi che però possono, con uno sforzo, sentirla vicina nelle ombre che non smettono di scorrere. Le luci sono spente e di visibile c’ è solo il rumore dei motori, così prepotente da assumere un profilo e un odore. È notte, la prima in cui si cala dopo quattro inutili di tempesta. Ma le alici, tra Pescara e Giulianova, sono scomparse. Il filo delle loro tracce possibili, verde e leggero, resta impresso nel sonar. Il sacco, per diffidenza, viene tirato a poppa appena una striscia prugna rivela il Gran Sasso e la Maiella, lontano. «Alacce» sussurra alla radio il capitano dell’ «Antonella Luci». Devono saperlo anche quelli sulla «Costellazione», che tira la seconda estremità della «volante». Quintali di un novellame dell’ aringa, stretti in una palla enorme, gonfia di pesci e sospesa dalla gru. Vale meno dell’ immondizia e il mozzo, rapido e muto, scuce la maglia. Milioni di alacce, soffocate, ripiombano ed esplodono nella schiuma che le rigurgita, d’ argento, come una bomba in cui si gettano le nuvole dei gabbiani. Centinaia di barche, ora, svuotano fra Termoli e San Benedetto. Alicette, boghe, sugherelli, sciabole, mustelle, gronchetti, trigliette, zerri: tonnellate di «lische povere», inutili a terra, scaricate nella corrente. Il segreto mostruoso del medio Adriatico italiano è custodito in questo incessante prendere per buttare, nel togliere tutto affinché resti appena qualcosa. Sembrerebbero predone, le marinerie, vecchi pirati. Invece sono schiavi e sanno di bruciare, per due mani di padroni, ciò che resta del loro tesoro. Non è senza significato che tutto possa accadere «fuori e sotto», dove nessuno di chi sta «dentro e sopra» assiste all’ ultima aratura dei fondali. Anche l’ Abruzzo e il Molise, terra di pastori e di contadini scesi infine sulla costa, seguono con annoiata indifferenza l’ agonìa della loro piccola pesca, lo spegnersi della vita nel mare, la fuga impressionante dei pescatori dagli scafi invecchiati. Una stagione si chiude, ed una storia, con un altro dolorosoe taciuto fallimento. All’ orizzonte, una ritirata verso il nulla. Lasciare che il tempo, per giorni, scorra nei porti, nei mercati delle aste, sulle coperte degli strascichi, delle vongolare e delle lampare, è come seguire la parodia di un Paese concentrato nella celebrazione del proprio funerale, senza badarci troppo. «In mare non resta quasi niente – dice l’ armatore Giuseppe Gasparroni – così si pesca sempre di più. Uno sforzo insostenibile, garantito da pescatori ignoranti, grossisti irresponsabili e politici corrotti». Dopo quarant’ anni di razzìa, il cerchio si chiude. L’ Adriatico è uno dei mari più inquinati del mondo. Era il più ricco, con oltre 700 specie: per i biologi gli resta un decennio di «mutante equilibrio». La temperatura è salita di 2 gradi. L’ acqua, solo balneabile, è infetta. Alghe, molluschi e pesci tropicali, trasportati sotto le chiglie o nelle acque di stiva delle navi, consumano la vita originaria. Il 70 per cento del pesce venduto, è importato da Asia, Africa, America del Sud e Mare del Nord. Decimati, in otto anni, i pescatori italiani: da 48 mila a 30 mila. Le barche, da 20 mila, sono crollatea nemmeno 14 mila. In Abruzzo restano 6 mila addetti e 800 pescherecci. In Molise, la più piccola flotta italiana, sopravvivono mille uomini e 70 barche. Età media: 56 anni. Giovani: una rarità. Nessun settore del lavoro ha mai registrato un simile crollo, certificato dalla cifre ufficiali: un quarto di catture in meno solo nell’ ultimo anno. «Sembrerebbe una selezione positiva – dice ad Ortona il fisico Lelio Del Re – un salvifico disarmo. Le statistiche coprono invece l’ ennesima truffa». La grande fuga dal mare moribondo, infatti, non esiste. I pescherecci, acquistati con i fondi dello Stato e dell’ Europa, vengono ora rottamati grazie ad altri fondi dello Stato e dell’ Europa. Migliaia di licenze, passano nelle mani di pochi investitori finanziari. Le barche, secondo il ministero più piccolee dotate di motori meno potenti, raddoppiano invece clandestinamente stazza, reti e cavalli. Nessuno cala sacchi con maglie da quattro centimetri, per risparmiare i piccoli. «Se non usi quelli illegali da uno – dice il retista Mario D’ Incecco detto Vulcano – ormai torni vuoto. Le reti devono misurare chilometri,i motori da 250 superano in realtà i mille cavalli. È come cacciare gli ultimi fringuelli con il bazooka». Anchei pescatori non si estinguono. Spariscono nel somda ricchi, tornano poveri. «I controlli – dice il comandante di peschereccio Mario Camplone- da Ortona in giù non esistono. Il Sud è una distesa dove vale una sola regola: chi arriva prima ed è più grosso, fa ciò che vuole e si prende tutto». L’ abuso è così distruttivo chei vongolari, che da decenni rasano costiere, riservee aree tossiche con le turbosoffianti, vengono indicati come «esempio felice di autoregolamentazione». merso tollerato che ormai soffoca il Mediterraneo. Sul molo di Giulianova, o di Pescara, alla mezzanotte della domenica si muovono senegalesi, tunisini, marocchini, albanesi, algerini, ghanesie messicani. Sette imbarcati su dieci, lungo l’ Adriatico, sono immigrati pagati in nero. Gli altri sono disoccupati di Puglia, Campania e Calabria, i nuovi pendolari della crisi. Da domenica a giovedì a bordo, 200 euro a settimana. I pescatori, La banchina di Vasto, verso sera, è occupata da tonnellate di catene e di magli agganciati alle reti. Sono le nuove «americane», gli strascichi importati dall’ Atlantico africano. Due per barca, scavano la sabbia con le lame e incidono solchi di metri sul fondo. Un vento marcito si alza irrespirabile da colonne di fango. «Chi passa dopo – dice Carla Giansante all’ Istituto zooprofilattico di Giulianova – non pesca niente per settimane. Eppure non esiste uno studio attendibile sugli effetti di questa aratura senza precedenti. I ricercatori sono uno strumento politico: o certificano e autorizzano un interesse economico, o vengono emarginati». Il risultato, sul porto canale lungo alla foce del Pescara, è stupefacente. Centinaia di massi sottomarini, essenziali per la riproduzione, strappati in alto mare e abbandonati sulla strada. Sulla spiaggia, tra Ortona e Termoli, c’ è invece il cimitero degli scogli. Vengono staccati dalle coste croate con i martelli pneumatici e venduti clandestinamente ai pescatori italiani. Nelle fessure, i datteri di mare, protetti in tutto il Mediterraneo. «Valgono – dice un commerciante nel Caffè Fachiro di Termoli – più della cocaina». È un reato sia offrirli che consumarli. Quattro ristoranti della costa, tra Pescarae Francavilla, li presentano però oggi ai loro clienti. Basta insistere appena: un piatto, 52 euro. «La verità – dice il veterinario pescarese Vincenzo Olivieri -è che la pesca italiana non ha regole, non ha dati credibili e si esercita senza controlli. Tutto falso, dalla quantità al reddito dichiarato. La biomassa pescabile, in pochi anni, è crollata. L’ unica misura adottata è stato il fermo». Una beffa. In Adriatico i pescatori, a spese pubbliche, devono restare a terra un mese tra luglio e agosto. Centinaia di piccoli armatori tengono così barche in Croazia: nello stesso mare, in estate pescano il doppio. Gli altri vagano nel Mediterraneo, in acque internazionali, e sbarcano il pesce nei porti amici. «Ortona, Termoli, tutta la Pugliae la Sicilia- dice Carlo Salvatore, responsabile della Lega Pesca di Abruzzo e Molise – sono considerati fuori controllo. Altrimenti si va in Croazia, in Albania e in Grecia, lungo la costa africanao in Spagna:e da lì il pesce adriatico torna in Italia pulito». Per i piccoli pescatori, è devastante. In est
ate le importazioni sfondano quota 90%. Nelle trattorie dei porti si mangia persico del lago Vittoria e pangasio del Mekong, il fiume più inquinato del Vietnam. Gli italiani si buttano sul surgelato, sullo sfilettatoe sui bastoncini. Il prezzo, serve e qual è il prezzo. Notti e giorni attaccati a telefono e radio, con l’ incubo di non coprire le spese del gasolio. Per un chilo di alici mi danno 60 centesimi: a Pescara le comproa 4,50 euro,a Roma dopo due ore salgono a 9. Certe sere devo cedere a 50 centesimi e al mattino, a Milano, si vende a 16 euro. Se non accetti, ti ritiri». È questo l’ Adriatico, devastato da fiumi tossici e coste cementificate fino alla spiaggia, che lo Stato cede in appalto a un pugno di trafficanti che il mare non lo vedono nemmeno. Al punto che di 700 specie, per risparmiare costi, non ne sfruttano più di 60e in tavola ne mandano una ventina. Tutto il resto, pescato, uccisoe distrutto. «La pesca- dice Pietro Giorgio Tiscar, scienziato dell’ università di Teramo-è un’ attività economica biologicamente predatoria. Si esercita in mare, ma tutto si decide a terra, dove chi pesca non c’ è. Le analisi garantiscono che un pesce non faccia male, non accertano se fa bene. Il mercato assicura la costanza della fornitura, non la sua compatibilità con la vita marina. Dopo anni di abbandono, siamo al limite. Sei pescatori non si decidono a unire le forze per controllare direttamente quantitàe prezzi, sono destinati a sparire. Se i consumatori non capiscono che il “pesce povero” quando è fresco è ottimo, sono destinati a strapagare il conper chi pesca, crolla. Un canale, aperto nel mistero, che non si chiude più. «Frodi e reati – dice il vice comandante della Guardia costiera di Pescara, Donato De Carolis- si moltiplicano. Seppie dell’ Atlantico invece che dell’ Adriatico, totani del Pacifico al posto di calamari mediterranei, limanda africana spacciata per sogliola, brotola senegalese per cernia, squalo smeriglio per pesce spada, pollack per merluzzo, polipi argentini per moscardini. E poi orate e spigole, allevatea olio di colza». Le sanzioni sono così basse che sollecitano la trasgressione. Il fermo pesca? Un danno costoso. «Biologicamente – dice il direttore degli armatori molisani, Domenico Guidotti – è inutile. Andrebbe fatto semmai in primavera, o in autunno, se si volesse proteggere la maggioranza dei pesci. Economicamente, per i pescatori, è una mazzata. Alla ripresa si prendono solo triglie e dopo due giorni non conviene nemmeno portarle a terra. Il governo dovrebbe chiarire chi tutela questa sosta». Con la garanzia dell’ anonimato, sul molo di Giulianova, lo spiega Luciano, grande commerciante. «In Italia il mercato – dice – lo fanno in venti. Per il tonno, addirittura in tre. Quaranta per il pesce azzurro. I grossisti sono controllati dalle banche e ricattano i pescatori, a cui anticipano o prestano i soldi per pagare i debiti. Le società sono nelle mani di investitori stranieri, spagnoli, giapponesie dell’ Europa orientale, che possiedono il monopolio delle importazioni.E qui il cerchio si chiude. Il pesce importato costa meno e rende di più, tagliai prezzi del pescato nazionale, strozza i piccoli e soddisfa industrie e banchi della grande distribuzione. La politica si pagai costi elettoralie finge di rispondere alle pressioni atlantiche della Ue. Uno scambio: licenza di distruggere per licenza di speculare. A saltare, chi va in mare e chi entra in pescheria». Per questo i mercati ittici sono semideserti. In quello di Ortona, nella sala aste, c’ è un solo comandamento: «Non mangiare, non bere e non sputare». Come sempre, anche oggi arrivano poche casse. Nessuno accetta di dichiarare il pescato, pagare la commissione e pure le tasse. La vendita, via telefono satellitare, si consuma nelle cabine dei pescherecci ammassati al largo, attorno alle piattaforme del gas. Dialetto e parole in codice, un volume assordante.I comandanti, gli stessi armatori, sono dipendenti dei grossisti. «Appena ritiri la rete – dice Mario Camplone- conti le casse e riferisci la quantità al tuo uomo. È lui a decidere se devi portarea terrao buttare via, quanto ne gelato allevato in mezzo mondo. L’ Adriatico muore: l’ Italia, con i suoi piccoli pescatori, si gioca la cultura del mare». Comeè avvenuto con il tonno rosso, in estinzione. Al largo di Abruzzo e Molise centinaia di pescherecci aspettano già il passaggioe l’ apertura della caccia, a metà aprile. Milioni di investimenti, tecnologia militare, quote pesca accumulate tra l’ Africa e la Spagna. E’ una guerra vera, contro pugliesi e siciliani, con affondamenti e rappresaglie, taciuta e coperta. Chi intercetta il branco, in un giorno, mettea bordo 200 mila euro. Nessuno sa, nonostante controlli e inseguimenti, quanto se ne cattura. «La verità – dice Antonio Fanese, pescatore – è che si consuma una strage. I piccoli da tre chili, vietati, vengono ceduti agli ingrassatori croati. Ciò che eccede la quota, viene sbarcato di notte in laboratori clandestini del Sud, o portato a Malta, o in Spagna. Ingrassa in gabbia, prima di finire in Giappone per 35 euro il chilo. Non conosco chi denunci più di terzo del pescato». Una partita di tonno presa nella fossa di Pomo, fra Termoli e Vasto, è finita al gonfiaggio in Portogallo, trascinata via mare in Cina, messa in scatola in Thailandia e venduta in un alimentari di Avezzano come prodotta in Sicilia da una società di Tokio. «Un mondo al collasso- dicea Giulianova Vincenzo Staffilano, leader degli armatori abruzzesi- paga le scelte scellerate di una politica che si nutre di regole apparenti. Le proiezioni dicono che entro cinque anni la biomassa pescabile calerà del 70%e l’ Adriatico sarà esaurito. Nel 2013 cesseranno anche i fondi Ue: deve essere chiaro che, senza limiti drastici, peri pescatori italiani il conto alla rovescia è già partito». Il mare senza pescatori, come la campagna senza contadini e la montagna senza allevatori. In Abruzzo e in Molise si annuncia la rivolta, a partire dalla truffa di Stato sulle «Blue Box». Ma si sa bene che, in una riserva di «colpevoli», nessuno può permettersi di reggerla. Un Paese all’ epilogo delle sue risorse, alla fine di una parabola, che rinuncia alla propria civiltà pur di salire sull’ ultimo giro di giostra di un mercato già fallito. Solo Tierro, sull’ »Antonella Luci», non conosce il rimpianto che, con la passione per una vaga paura, unisce oggi l’ Italia. Immigrato dal Senegal, in quattro anni di aggiughe siè costruito una flottaa Dakar. Pescando in Adriatico fa pescare nell’ Atlantico. Pochi, negli Abruzzi estinti, sono abruzzesi quanto lui. Se rientra, non può tornare. Così rimane qui, in mare, senza una parola: edè il suo più doloroso rimpianto.Addetti alla pesca in Molise nel 2000 989 Addetti alla pesca in Molise nel 2008 19.000 Pescherecci in Italia nel 1998 13.228 Pescherecci in Italia nel 2008 9.400 Piccoli pescherecci in Italia nel 2008 87.000 Pescherecci in Europa nel 2008 48.000 Addetti alla pesca in Italia nel 2000 30.200 Addetti alla pesca in Italia nel 2008 8.600 6.000 Addetti alla pesca in Abruzzo nel 2000 Addetti alla pesca in Abruzzo nel 2008 800 Pescherecci in Abruzzo nel 2008 723 Piccoli pescherecci in Abruzzo nel 2008 126 Pescherecci in Molise nel 1998 70 Pescherecci in Molise nel 2008 62 Piccoli pescherecci in Molise nel 2008 3.330 Pescherecci in Sicilia nel 2008 203 Giorni pesca in Italia nel 2000 131 Giorni pesca in Italia nel 2008 8.000 Porti pescherecci in Italia 19,3 tonnellate Produzione ittica in Italia nel 1950 95,6 tonnellate Produzione ittica in Italia nel 2000 560.000 tonnellate Produzione ittica in Italia nel 2008 FONTE: Ismea, Irepa, Fao, Istat, Eurostat, Ispes, Cirspe, Lega Pesca, Federcopesca, Regione Abruzzo, Regione Molise, Capitanerie di Porto di Pescara e Termoli
PER SAPERNE DI PIÙ
www.regione.abruzzo.it/portale/index.asp
www.guardiacostiera.it/capitanerieonline/index.cfm?id=30DAL NOSTRO INVIATO GIAMPAOLO VISETTI
Di Fabio sul ddl regionale sulla petrolizzazione
Riceviamo da Giusto Di Fabio:
Egregio Direttore,
questa è la presa di posizione ufficiale del Comitato Natura Verde sul DDL presentato dall’assessore Mauro Febbo relativamente al Centro Oli e al progetto della petrolizzazione sulla regione Abruzzo.
Con molta stima e cordialità
Giusto Di Fabio
Comitato Natura VerdeOggetto: comunicato stampa
Il CNV chiede chiarezza sul DDL Regionale sulla “ disciplina della localizzazione di nuove infrastrutture energetiche “ a firma Mauro Febbo.
Questa proposta di legge non ci soddisfa per una serie di motivi, ma soprattutto perché si muove in una direzione sbagliata.
Assessore Febbo, noi siamo convinti che non si aiuta l’Abruzzo semplicemente rendendo gli Enti locali compartecipi delle decisioni relative alla costruzione e all’ampliamento di stabilimenti di lavorazione e stoccaggio di oli minerali, oppure chiedendo maggiori royalties alle compagnie petrolifere, soprattutto se sono così basse rispetto a quelle che abitualmente sono in essere in altre parti del mondo, ( Il Venezuela riscuote l’80% di royalties ).
Lo snodo centrale del problema, quello per cui passa il bene degli abruzzesi, sta nel chiarire definitivamente, con precisi atti legislativi e deliberativi, se l’attuale Giunta Regionale intende preservare il nostro territorio ed il nostro mare dalle “coltivazioni” di idrocarburi, così come è stato ripetutamente promesso durante la campagna elettorale regionale, da parte di tutti coloro che oggi governano l’Abruzzo.
A nessuno può sfuggire che, nel DDL presentato dall’Assessore Febbo, non è previsto il DIVIETO di insediamenti Petrolchimici sul territorio regionale.
Gli abruzzesi non possono certamente essere rassicurati dal fatto che il DDL proposto preveda che: “ sono sottoposti ad autorizzazione della Regione l’istallazione e l’esercizio di nuovi stabilimenti di lavorazione e stoccaggio di idrocarburi” . Tutto questo assolutamente non ci convince in quanto, la Legge Regionale n.14 del 15.10.2008, che impedisce di fatto l’insediamento del Centro Oli di Ortona e impianti similari, è stata impugnata dal Governo Centrale, ed in attesa della sentenza della Corte Costituzionale.
Per di più, il Senato sta per approvare una Legge, il DDL 1441 ter, che in sostanza solleva le Regioni dalla pertinenza in materia di insediamenti di attività di idrocarburi.
Allo stato attuale la situazione normativa sulla petrolizzazione dell’Abruzzo è questa: da una parte c’è la Legge Regionale tesa a salvaguardare il territorio da tali insediamenti, ma che è stata IMPUGNATA, dall’altra sta per essere emanata una Legge dello Stato che tende a SOLLEVARE LE REGIONI dalle pertinenze sulla materia; nel mezzo cade il DDL Febbo che, in sostanza, vorrebbe mettere qualche lacciuolo burocratico, ma niente di più.
Noi del Comitato Natura Verde ricordiamo alla classe politica che è necessario risolvere una volta per tutte il problema; che l’Abruzzo ha bisogno di un Piano Energetico Regionale; che occorre definire la vocazione NON PETROLIFERA di questa Regione.
Alla luce di tutto questo, il CNV chiede all’Assessore Febbo, che l’Amministrazione Regionale deliberi una moratoria di 30 anni per la lavorazione del petrolio, specificando che non saranno più rilasciati permessi per le industrie collegate all’estrazione e alla lavorazione degli idrocarburi.
Ci stiamo adoperando per incontrare al più presto il Presidente Chiodi al fine di verificare se l’interesse di questa Giunta è la difesa della nostra cultura, della nostra economia e della nostra salute.
La “mission” del Comitato Natura Verde non riguarda solo la lotta al Centro Oli, ma abbraccia la salvaguardia della nostra Regione dalla deriva petrolifera.
Siamo disposti al dialogo con chiunque, ma siamo anche pronti a tutte le forme di protesta civile.
Pescara,26/02/09
COMITATO NATURA VERDE
Il Presidente Giusto di Fabio
Arginare i fenomeni di dissesto
Da Nicola D’Adamo riceviamo e pubblichiamo.
Arginare i fenomeni di dissesto: una verifica è inevitabile
Pioggia e neve dei giorni scorsi hanno cominciato a produrre i loro effetti.
Un nuovo smottamento di discrete proporzioni si è verificato nella parete a picco sotto piazza Marconi, a confine con l’inizio della panoramica passeggiata della Loggia Amblingh. Sono scivolati a valle parecchi alberi di acacie e alcuni metri dei giardinetti.
I pericoli però non sono immediati, anche se una verifica è inevitabile. Specialmente dell’altra parte della parete a picco (fino alla Madonna della Catena) che regge numerosi edifici e le scalette della balconata. Soprattutto perché i geologi sanno bene che il fenomeno della “desquamazione” del ciglio è tipico delle pareti in sabbia.
La zona rientra in quella interessata ai lavori di consolidamento ultimati lo scorso anno, ma probabilmente la parete non è stata oggetto di interventi perché ritenuta solida e non considerata a rischio.
Dopo le piattaforme anche le pale?
» Associazione di cultura politica IMPRONTE
ADRIATICO TERAMANO: DOPO LE PIATTAFORME ANCHE LE PALE?
Va subito chiarito che siamo nel campo del verosimile. Quale sia il grado di verosimiglianza lo lasciamo valutare al lettore che vorrà prendere atto di qualche dato che a noi appare alquanto significativo; in particolare:
1. la nuova politica energetica del Governo incentrata sulla formula del 50-25-25: il fabbisogno energetico nazionale dovrà essere coperto per il 50% dalle fonti fossili, per il 25% dal nucleare e per il restante 25% dalle rinnovabili, al momento attestate al di sotto del target;
2. nel settembre 2007 il Governo italiano ha approvato e presentato a Bruxelles un documento (Position Paper) in cui definisce il potenziale tecnico teorico di sfruttamento delle fonti energetiche fino al 2020 (12.000 MW, di cui 2.000 su mare). Sempre nello stesso documento il Governo evidenzia che “le principali questioni riguardano l’accettazione da parte delle comunità locali degli oneri progressivamente crescenti legati all’impatto ambientale derivante dallo sfruttamento di aree sempre più pregiate; la naturale saturazione dei siti con maggiore producibilità. Per queste ragioni è previsto uno sviluppo degli impianti offshore”;
3. secondo stime attendibili in Abruzzo i kmq. di mare utilizzabili per lo sviluppo dell’eolico sarebbero 952;
4. un primo tentativo di realizzare in Adriatico quello che avrebbe dovuto essere il primo parco eolico in Italia -poi arenatosi per la forte opposizione incontrata nelle Regioni Abruzzo e Molise, e per il “no” del Ministero per i Beni Culturali- c’è già stato. Chi non ricorda il parco eolico off-shore proposto dalla società Efferenti, con cinquantaquattro le turbine da installare e torri fino ad 80 metri di altezza sopra il livello del mare, che avrebbe dovuto sorgere in uno specchio acqueo di 25 milioni 527mila e 500 metri quadrati, a 9 km da Termoli e 13 da Vasto, con una distanza minima dalla riva di 4,5 km ed una massima di 8?
I NOSTRI INTERROGATIVI
Fallito il primo tentativo a largo di Termoli e Vasto, chi ci assicura che non ci proveranno una seconda volta, magari più a nord? Se escludiamo la costa teatina, in quale altro luogo dovremmo spalmare i 952 kmq. di mare abruzzese utilizzabili per l’eolico di cui parla il Position Paper approvato dal Governo italiano nel 2007?
f.to IMPRONTE
Allegato:
» Position Paper del governo italiano
No all'Abruzzo petrolizzato. Lettera a Chiodi
Abbiamo aderito e sottoscritto con convinzione l’appello redatto con cura da Maria Rita D’Orsogna al Presidente della nostra Regione.
Presidente Chiodi,
le scriviamo perche’ la deriva petrolifera della nostra regione procede senza alcun segnale di contrasto da parte della sua amministrazione regionale. Questo e’ molto grave perche’ non c’e’ assolutamente tempo da perdere vista l’urgenza e i pericoli a cui andiamo incontro.
Ad oggi, la META’ del nostro territorio e’ interessata da permessi estrattivi di vario genere. Su quel territorio vive l’80% della popolazione abruzzese.
Ci sono i nostri mari, i nostri campi, le nostre vite a cui non vogliamo rinunciare per fare arricchire ditte petrolifere straniere e multinazionali senza scrupoli.
Lei in campagna elettorale ha promesso di contrastare la petrolizzazione della citta’ di Ortona. Bene, questo e’ il momento di mantenere quella promessa, fatta per Ortona, ma che in realta’ riguarda tutto l’Abruzzo.
LA NOSTRA REGIONE NON DEVE FARE LA FINE DELLA BASILICATA.Chiediamo una moratoria immediata di almeno 30 anni contro qualsiasi tipo di opera di raffinamento e di estrazione del petrolio sul nostro territorio.
Lei porta sulle spalle una responsabilita’ enorme.
Sara’ il coraggio che lei avra’ o non avra’, saranno le azioni che lei prendera’ o non prendera’, sara’ la statura morale a cui lei decidera’ di elevarsi o meno che decideranno il futuro delle generazioni d’Abruzzo.Scelga di salvarci da decenni di malattie, territori stuprati, agricoltura defunta, poverta’ diffusa ed emigrazione di massa.
Scelga di stare dalla parte dei cittadini e non del potere dei forti.Abbiamo bisogno di atti concreti di cui la popolazione sia partecipe ed informata.
Adesso e’ il tempo di agire.Los Angeles, CA (USA)
19 Febbraio 2009In rappresentanza dei rispettivi movimenti-associazioni-bloggers:
Maria Rita D’Orsogna – No al centro petroli dalla California (Los Angeles)
Enrico Gagliano – Impronte (Giulianova)
Attilio Di Mattia – Abruzzo Sostenibile (Montesilvano)
Fabio Di Stefano – Associazione Medici per l’Ambiente (Ortona)
Antonello Tiracchia – Nuovo Senso Civico (Lanciano)
Catia Giovina Mattioli – Comitato Miglianico contro il centro oli (Miglianico)
Andrea Iezzi – Comitato Abruzzese del Paesaggio (Pescara)
Luca Fanaro – Vastesi.com (Vasto)
Tiziano Frezza – Facebook contro il centro oli (L’Aquila)
Antonio Martinez – Facebook: No al centro oli in Abruzzo (Pescara)
Marco Giangrande – Abruzzo in Movimento (Ortona)
Pasquale Morone – Libera Associazione Barbarica (Vasto)
Giusto Di Fabio, Lino Olivastri – Comitato Natura Verde (Tollo)
Mauro Vanni – Liberta di Parola (Ortona)
Nino Di Bucchianico – Abruzzo Rinnovabile (Francavilla)
Tommaso Palermo – Proposte Per Chieti (Chieti)
Domenico Zenobio – Italia Nostra (Atri)
Claudio Censoni – Comitato Abruzzese per i Beni Comuni (Giulianova)recapiti telefonici: 001 310 570 5591, 329 0604187, 339 1697748, 0872 717014
Lettera aperta del CNV a Giusto Di Fabio
Riceviamo dal Comitato Natura Verde:
Gentili amici, inviamo questa lettera aperta affinchè si faccia informazione; stavolta circa le ultime vicende occorse in seno al C.N.V.
Questa lettera aperta, caro Giusto Di Fabio, è rivolta a te affinché tu desista dalla Tua volontà di citare i membri del Comitato Natura Verde in giudizio; credici, non è basilare sapere chi è il Presidente di questo comitato, non è quello che gli abruzzesi bramano sapere. Piuttosto sarebbe opportuno, anzi necessario riprendere tutti insieme con rinnovato vigore e determinazione la lotta contro la petrolizzazione dell’Abruzzo che a seguito di querelle che di certo non giovano al raggiungimento del nobile risultato prefissatoci, hanno solo via via rinfocolato, malumori e negatività, tutti tendenti a vanificare il lavoro fin qui svolto.
Lettera Aperta a Giusto Di Fabio
Mai avremmo pensato di dover arrivare a tanto.
Caro Giusto, qualche giorno fa ci è arrivata la tua citazione in Tribunale.
Facciamo una piccola cronistoria: diverse volte hai esternato la volontà di dimetterti dalla carica di Presidente del Comitato Natura Verde, indubbio è l’impegno che hai profuso, discutibile può essere il tuo modo di operare in alcune circostanze.
Veniamo ai fatti. Il 21 novembre u.s., hai rassegnato le dimissioni; scegliendo di farlo non normalmente , magari rivolgendole al Consiglio direttivo che ti ha eletto e all’assemblea degli aderenti del CNV, bensì hai voluto farlo platealmente a mezzo stampa e con fax protocollati da diversi Comuni; dicevi che la tua decisione nasceva dalla candidatura alle elezioni regionali di un aderente del nostro comitato, cosa non precisa poiché questi, si era già dimesso, inoltre, a tuo dire, il comitato era “etichettabile e non più indipendente, trasparente ed equidistante”.
Implicitamente hai sostenuto quindi, che tutti i componenti del CNV, indistintamente, erano a tuo avviso, etichettabili non trasparenti indipendenti ed equidistanti , ciò sicuramente non è vero.
Si può quindi tranquillamente affermare, riutilizzando le tue parole, che la tua azione ha creato “all’interno e all’esterno una situazione di forte imbarazzo e grande debolezza”.
Che bisogno c’era di dare dimissioni in tale modo, screditando indistintamente tutti gli aderenti del CNV?
Naturalmente diversi aderenti ( e comunque più di 1/10, come da Statuto ) chiedevano al vice presidente di convocare un’assemblea per nominare un nuovo presidente, cosa poi regolarmente fatta nominando Lino Olivastri quale nuovo presidente.
Andando al dunque, ti sono stati rivolti diversi inviti a rientrare nel CNV esortandoti a mettere una pietra sopra tutto, dimenticando tutte le polemiche ed andare avanti.
Per tutta risposta, e siamo ad oggi, citi in Tribunale, tutti gli aderenti anticipando per alcuni querele, denunce e quant’altro, arrivando ad azioni che nemmeno i nostri peggiori antagonisti più diretti si erano sinora sognati di paventare .
Molti di noi non hanno mai varcato la soglia di un’ aula di tribunale e mai avrebbero pensato di doverlo fare per un comitato a difesa del territorio, né tanto meno di esserci condotti da persone con le quali hanno lottato fianco a fianco e a cui hanno dato fiducia e stima ma evidentemente anche critiche costruttive in un ambito di democrazia e libertà di pensiero; non nascondiamo che la nostra serenità famigliare è stata notevolmente turbata e che con tutto il tempo e soldi che perdiamo dietro questa causa, questa ridicola storia delle tue citazioni potremmo veramente risparmiarcela.
Ti invitiamo per l’ennesima volta a desistere dalle tue azioni legali, ti esortiamo ad di essere democratico e generoso a non anteporre la questione del presidente, alla petrolizzazione della nostra Regione. Ricorda che è l’autorevolezza che rende credibile l’esercizio dell’autorità di un Presidente.
Sei ben accetto nel CNV, per dimostrarti la nostra disponibilità proponiamo di ritornare alla situazione antecedente alla tue dimissioni, dando la possibilità di rientrare a tutti coloro che sono usciti e che volessero rientrare e democraticamente rieleggere il presidente.
Confermiamo inoltre che tutte gli atti operati dai sigg. Tiberio ed Olivastri sono stati redatti dopo regolari convocazioni e democratiche discussioni di coloro che hanno ritenuto di essere presenti, e quindi condivise da tutti i firmatari di questo documento.
Dispiace poi leggere che addirittura senza tuo consenso nessuno sia legittimato a parlare a nome del CNV pur essendone membro effettivo, infatti lamenti che un aderente sia stato invitato e sia andato ad informare della situazione petrolifera della nostra regione a Giulianova. Abbiamo sempre ribadito che il rischio di uno scempio è per tutto l’Abruzzo e quindi tutto l’Abruzzo ha diritto di sapere ed è nostro dovere informarlo, chiunque è aderente del CNV dovrebbe essere autorizzato alla divulgazione di notizie e documenti che riguardano l’esistenza stessa del nostro comitato.
Adesso hai due possibilità:
1. accettare, come vivamente speriamo , la nostra proposta e decidere democraticamente, com’è corretto che sia , il nuovo presidente;
2. andare avanti per la strada che hai intrapreso e quindi di fatto dimostrare, che sia più importante il tuo ruolo di presidente a prescindere , danneggiando i tuoi colleghi e la causa.Una cosa certamente non succederà, il blocco delle attività, forse non sai che il CNV sta lavorando insieme ad altri comitati, sta organizzando manifestazioni insieme ad altri comitati, sta proponendo osservazioni e proporrà a brevissimo altre osservazioni sulla Rospo mare, potrai rallentare le operazioni e di questo qualcuno ti sarà grato, ma non si fermeranno.
Qualora tu decidessi di andare avanti ti ricordiamo che in questa sede non abbiamo voluto riportare fatti e giudizi che ci riserveremo di evidenziare, ti anticipiamo comunque che tutti gli otto firmatari si costituiranno per difendere l’operato del CNV.
Abruzzo, 19 feb. 09.
Firmano questo documento la maggioranza assoluta del CNV, ossia:
Lino, Antonello, Diana, Antonio, Nicola, Carlo, Luigi, Nino.
Casting al Teatro Stabile d'Abruzzo
Dal Gruppo Folkloristico ‘Aniello Polsi’, riceviamo e pubblichiamo:
Il Teatro Stabile d’Abruzzo inizia una nuova avventura produttiva, con la direzione di Alessandro Gassman, infatti, il tema del teatro sociale verrà ancora una volta esperito con l’allestimento dello spettacolo “Roman ed il suo cucciolo”, adattamento di “Cuba & his teddy bear” di Reinaldo Povod, la regia sarà di Alessandro Gassman ed il debutto è previsto per l’inizio dell’anno 2010.
Per completare il cast il TSA organizzerà prove di selezione per:– ruolo di coprotagonista uomo che possa dimostrare un età non superiore a 18 anni;
struttura fisica esile, capacità di parlare in dialetto romano di nuova generazione.– ruolo donna che dimostri un età compresa tra 18/20 anni di bell’aspetto, con capacità di parlare la lingua romena.
Tutti gli interessati dovranno mandare curriculum e foto (con altezza e taglia) a:
Teatro Stabile d’Abruzzo
Via Roma 54, 67100 L’Aquila
e-mail: tsa@teatrostabile.abruzzo.itLa prima selezione verrà effettuata su curriculum e rispondenza fisica, i selezionati saranno, poi, convocati dal Teatro Stabile d’Abruzzo per il provino su parte con il regista.
Per ogni ulteriore informazioni rivolgersi al Teatro Stabile d’Abruzzo, telefono: 0862-62946/0862-413200.
Joe Hill a Vasto
Arci Vasto segnala:
Venerdi 26 febbraio, ore 21.00
all’Arci “Petros” in Corso Plebiscito 77 (di fronte Teatro Rossetti), VastoSpettacolo Teatrale“Wooblies”
Joe Hill, uno di loro“Wobblies”, a partire dagli ultimi momenti della vita di Joe Hill, ne narra a ritroso gli avvenimenti più importanti. Joe Hill emigrò in America dalla Svezia assieme al fratello Paul Hägglund nel 1902. Lavorò ovunque e facendo qualsiasi mestiere come il minatore, lo spaccalegna, lo scaricatore di porto. Per spostarsi divenne uno hobo, viaggiando sui treni merci e campando in mille posti, dove lo portava il lavoro. Si iscrisse agli IWW (Industrial Workers of the World, i celebri Wobblies) circa nel 1910. Scrisse canzoni ispirate alle esperienze dei lavoratori del suo tempo che, pubblicate nell’ IWW Little Red Songbook, divennero ben presto famosissime nel mondo intero. Joe Hill arrivò nello stato dell’Utah nel 1913 e trovò lavoro nelle miniere di Park City, presso la città di Murray. Nel 1914 fu accusato dell’omicidio di un negoziante di Salt Lake City, John A. Morrison e processato solo su base indiziaria. Joe Hill fu condannato a morte e ne conseguì una battaglia internazionale per impedire la sua esecuzione da parte dello stato dell’Utah. Fu messo a morte presso la Prigione di Stato dell’Utah a Sugar House, il 19 novembre 1915.
Regia e testi di teatri OFFesi-Pescara
www.teatrioffesi.org