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Lettera aperta al presidente Chiodi

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LETTERA APERTA AL PRESIDENTE CHIODI

Il Comitato Natura Verde dopo il sit-in davanti alla sede del Consiglio Regionale prosegue nel suo impegno a difesa dell’Abruzzo perché ci sono ancora molti dubbi da chiarire.

E’ vero che è stata presentata una risoluzione sul tema del Centro Oli (dalle opposizioni e accolta dal Presidente) in cui il Presidente Chiodi si impegna a presentare entro 45 giorni un disegno di legge per consentire all’Abruzzo di approvare una legge «allo scopo di neutralizzare preventivamente gli effetti che potrebbero derivare dall’eventuale accoglimento del ricorso del presidente del Consiglio alla Corte costituzionale».

E’ anche vero che Chiodi, come sempre, ha ribadito in aula il suo netto no al Centro Oli e ne apprezziamo la serietà e la sensibilità dimostrata verso questo tema.

Sembra che tutto vada per il meglio, ma non è finita! Sono ancora numerosi i dubbi, le domande e ancor di più le paure dell’84% degli abruzzesi contrari per poter cantare vittoria.

Elenchiamo, per poter essere chiari, alcuni interrogativi che continuiamo a porci e ci tolgono il sonno di notte :

1. l’Abruzzo è indicato come Regione Petrolifera nell’art. 8 del Piano Triennale dello Sviluppo Economico Nazionale. In varie sedi il Ministro dello Sviluppo Economico Scajola (es. trasmissione Mattina 5) ha ribadito la “necessità di una ripresa dell’esplorazione e produzione di idrocarburi in Italia”, soprattutto nella nostra Regione.

2. E’ in discussione al Senato il Disegno di Legge 1441 ter che, se non sarà modificato, decreterà l’Abruzzo territorio petrolifero e il suo sviluppo sarà compromesso per sempre con gravissimi danni alla salute degli abitanti, alle attività economiche (agricoltura, turismo e pesca) e all’ambiente. Di fatto toglierebbe a regioni, province e comuni ogni potere di indirizzo e di programmazione dei propri territori, perché, si dice, “l’industria petrolifera vuole processi autorizzativi chiari e rapidi”. Gli stessi addetti ai lavori dicono che in Italia tutte le riserve di petrolio corrispondono ad una quantità talmente esigua che non porterà nemmeno la riduzione del prezzo della benzina e del gasolio.Questa legge annullerebbe anche la VIA, la valutazione dell’impatto ambientale.

3. Delle Attività Onshore non sappiamo nulla .Resta, per ora, senza risposta la proposta di una moratoria 25 anni per la lavorazione del petrolio.Anche in futuro non dovranno essere più concesse tali autorizzazioni. • Offshore. La distanza minima dalla costa per le piattaforme in mare è di 20km (decreto Ronchi in vigore in Veneto), tuttavia sarebbe opportuno che questo decreto fosse esteso a tutta la penisola. Non riusciamo a vedere lo sviluppo turistico con una selva di piattaforme che oltre ad inquinare farebbero scappare i turisti a gambe levate,ma nessuno ci dà una risposta. Altre compagnie petrolifere stanno richiedendo,la Edison, e ottenendo,la Petroceltic, autorizzazioni per trivellare l’Adriatico.Come si pensa di impedirlo? Vogliamo ricordare che il nostro mare Adriatico fornisce la metà del pescato nazionale.

4. La Regione Abruzzo farebbe bene a proporre al Governo di adeguare gli indici delle emissioni di inquinanti a quelle indicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Come si può notare la partita non è affatto chiusa, noi siamo sempre più vigili e attenti.

Nessuno potrà ignorare l’autorevole richiamo della Chiesa, le proteste di comitati, di associazioni, di operatori economici, insomma del 74% dei cittadini abruzzesi che dice NO all’Abruzzo petrolifero e chiediamo a gran voce ai nostri politici nazionali, regionali, provinciali e comunali di prendere una posizione chiara e forte e di dare delle risposte ai nostri dubbi.

A coloro che si preoccupano delle royalties e che addirittura cercano di scendere a patti con i petrolieri rispondiamo che l’Abruzzo non si tocca!

Pescara, 30-01-09

COMITATO NATURA VERDE
Il Presidente
Giusto di Fabio
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Written by vastesi

gennaio 30, 2009 at 10:02 PM

Non si arresta la deriva petrolifera in Abruzzo

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Riceviamo il seguente comunicato stampa congiunto di Comitato Natura Verde, Associazione Impronte e Nuovo Senso Civico:
 

NON SI ARRESTA LA DERIVA PETROLIFERA IN ABRUZZO
Nuova richiesta di Edison S.p.a. per la perforazione di quattro nuovi pozzi nel giacimento di Rospo Mare

Non bastano infatti ad arginarla né il “no” del Presidente Chiodi alla realizzazione della raffineria di Ortona né la risoluzione votata dal nuovo Consiglio Regionale che impegna il Presidente della Regione a presentare un nuovo disegno di legge che riproduca gli effetti della Legge n.14 del 15 ottobre 2008 (n.d.r.: quella che, impugnata dal Governo, vieta il rilascio di permesso a costruire per l’insediamento di industrie che svolgano attività di prospezione, ricerca, estrazione, coltivazione e lavorazione di idrocarburi fino al 31 dicembre 2009).

L’ultimo e pericoloso assalto al nostro territorio da parte delle compagnie petrolifere si è concretizzato nella richiesta di compatibilità ambientale avanzata proprio oggi (30 gennaio) dalla Edison S.p.a. al Ministero dell’Ambiente, in relazione ad un nuovo progetto di perforazione e messa in produzione di nuovi pozzi nel giacimento di Rospo Mare.

In particolare, la richiesta avanzata dalla Edison S.p.a. concerne:

* l’adeguamento dell’esistente piattaforma marina “Rospo Mare B” per consentire la perforazione di nuovi pozzi di sviluppo;
* la perforazione di tre nuovi pozzi direzionati nel giacimento di Rospo Mare a partire dall’esistente piattaforma “Rospo Mare B”;
* l’eventuale perforazione di un quarto pozzo;
* l’adeguamento degli impianti di produzione esistenti.

Si rammenta che negli impianti produttivi di Rospo Mare, nel tratto di mare compreso tra l’Abruzzo ed il Molise, avviene in piccolo ciò che avviene in qualsiasi raffineria: il petrolio greggio è sottoposto alla deidrosolforazione, con conseguente emissione di idrogeno solforato e di altri inquinanti in termini non controllabili, fortemente nocivi per l’uomo e per l’ambiente.

Entro il 2 marzo chiunque abbia interesse può presentare istanze, osservazioni e pareri al Ministero dell’Ambiente, cosa che auspichiamo avvenga da parte della Regione Abruzzo, presso i cui uffici è depositata una copia del progetto della Edison, e di tutti gli enti locali interessati.

F.to

p. COMITATO NATURA VERDE – Nino di Bucchianico

p. IMPRONTE – Enrico Gagliano

p. NUOVO SENSO CIVICO – Antonello Tiracchia

Che ne è stato dello Statuto Comunale?

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Riceviamo dall’Associazione Porta Nuova.

Che ne è stato dello Statuto Comunale?

Nell’Aprile del 2007 il Consiglio Comunale approvò all’unanimità quello che ci parve (forse anche perché vi avevamo apportato il nostro modesto contributo) un ottimo Statuto, molto ben munito in fatto di trasparenza e partecipazione. Peccato che, dopo quasi due anni, nessuno degli istituti previsti nel Titolo II – relativo appunto agli Istituti di Partecipazione- abbia trovato ancora attuazione alcuna.
Pare evidente che ai partiti locali, nonostante le dichiarazioni di facciata, e a prescindere dagli schieramenti politici di appartenenza, la cosa interessa molto relativamente. Eppure questo è un nodo decisivo… La crescita civile della città, oltre che un bene in sé, e per tutti, è anche alla lunga condizione necessaria per l’attuazione di una qualunque politica efficace. Come fa il ceto politico a disinteressarsene? Ma su ciò torneremo presto.
Per ora passiamo all’elenco di quello che, per attuare lo Statuto, dovrebbe fare, e se volesse potrebbe iniziare a fare subito, l’Amministrazione Comunale.

1. Nominare un difensore civico comunale (art. 30) che sia davvero tale. Che abiti a Vasto, che conosca i problemi locali, che abbia un autonomo potere di inchiesta; non un funzionario della Regione che verrebbe –se va bene- una volta la settimana. Qualcuno dice che costa troppo? Paghiamolo, per esempio, con i soldi che si risparmierebbero dall’estromissione dei membri di nomina politica dal CdA della Pulchra (anche su questo torneremo a breve).

2. Adottare lo strumento del bilancio sociale (art. 35), per mettere in chiaro ai cittadini come i loro soldi vengano spesi dal Comune: le priorità e gli obiettivi di intervento, i livelli di prestazione attesi e realizzati e soprattutto gli effetti prodotti dall’azione amministrativa.

3. Redigere la Carta dei diritti dei cittadini. Art. 5, 5° comma: ”I diritti affermati nella Carta costituiranno gli indirizzi di riferimento per l’attività del Comune ed i rapporti dei suoi organi di governo e di gestione con i cittadini”.

4. Indire la cosiddetta Conferenza dei servizi (art. 40) “per esaminare l’andamento della qualità, quantità, efficienza ed efficacia dei servizi [pubblici locali], formulando idonee soluzioni per il miglioramento di essi”. Lo Statuto prevede che si tenga a cadenza annuale.

5. Approvare il Regolamento sugli istituti di partecipazione e di consultazione dei cittadini (artt. 6, 12, 13, 24, 27) senza il quale restano sulla carta molti degli altri istituti di partecipazione diretta previsti dal Titolo II. Ricordiamo che la nostra associazione ha da tempo presentato una propria bozza.

Attendiamo una risposta –ma temiamo non verrà, non dalla maggioranza e dall’opposizione nemmeno.

Associazione civica Porta Nuova–Vasto

www.portanuovavasto.altervista.org

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gennaio 30, 2009 at 9:16 am

Pubblicato su A Vasto, Comunicati

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Incontro pubblico "Petrolio e Turismo: convivenza impossibile"

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Enrico Gagliano (associazione IMPRONTE) ci segnala:

Sabato 31 gennaio ‘09 ore 16,30
Incontro pubblico
PETROLIO E TURISMO: CONVIVENZA IMPOSSIBILE
Sala del Loggiato Piazza Belvedere
Giulianova

locandinasm.jpg

Saluti:
Gabriella Cassiani, C.E.A. Torresi

Proiezione del video:
“Viaggio nei Paesi dell’ormai”
di Antonello Tiracchia, realizzato da Nuovo Senso Civico

Interventi:
Dante Caserta, WWF Abruzzo
Claudio Censoni, Comitato Abruzzese Difesa Beni Comuni
Nino di Bucchianico, Comitato Natura Verde
Enrico Gagliano, Associazione Impronte
Alessandro Lanci, Nuovo Senso Civico

Il consiglio comunale approva un odg sulle Foibe

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Riceviamo dalla sezione AN di Vasto il seguente comunicato stampa:

Il Consiglio comunale di Vasto approva un ordine del giorno sulle foibe

E’ stato presentato nel corso del Consiglio comunale di ieri, dal Consigliere Etelwardo Sigismondi, un ordine del giorno teso ad impegnare l’Amministrazione comunale a ricordare i martiri delle foibe e l’esodo,istriano fiumano e dalmata.

Con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, infatti, il Parlamento italiano ha istituito il 10 febbraio quale ‘Giorno del ricordo’ al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale.

L’occupazione jugoslava, che a Trieste durò quarantacinque giorni, fu causa non solo del fenomeno delle foibe, ma anche delle deportazioni nei campi di concentramento jugoslavi di popolazioni inermi; in Istria, a Fiume e in Dalmazia, invece, questa repressione jugoslava costrinse oltre 300mila persone ad abbandonare le loro case per fuggire dai massacri e poter mantenere la propria identità italiana.

“Esprimo soddisfazione per l’approvazione nel Consiglio comunale, dell’ordine del giorno sulla tragedia delle foibe”,dichiara il Capogruppo do AN/Pdl, Etelwardo Sigismondi. “Lo spirito del ‘Giorno del ricordo’ – prosegue – è quello di rimembrare quanto accaduto ai nostri connazionali, istriani, fiumani e dalmati nel 1945, per la sola colpa di essere italiani, affinché il loro sacrificio non cada nel dimenticatoio ma rimanga come monito per le giovani generazioni perché episodi del genere non avvengono mai più, e soprattutto per dare onore a quanti, pur di non rinnegare la propria Patria,hanno perso la vita. Rimane – conclude Sigismondi – il rammarico per l’atteggiamento dei Consiglieri comunali di Rifondazione comunista che, astenendosi dall’approvazione dell’ordine del giorno, hanno ancora rimarcato la persistenza all’interno del loro partito, di retaggi ideologici del tutto anacronistici, che sono stati già censurati dagli elettori nelle ultime elezioni che hanno sancito l’estromissione di Rifondazione dal Parlamento italiano”.

“Come Responsabile del Vastese del ‘Comitato 10 febbraio’ – ha dichiarato Marco di Michele Marisi – insieme alle tante persone che hanno aderito, stiamo organizzando convegni e mostre itineranti in tutto il territorio del Vastese, per far sì che tutti, soprattutto i ragazzi, conoscano le vicende che hanno ferito l’Italia e soprattutto affinché si dica veramente ciò che i partigiani titini, coadiuvati spesso da quelli italiani, hanno compiuto nei confronti degli italiani. Checcè ne dicano – conclude di Michele Marisi – i due Consiglieri comunali che si sono astenuti dall’ordine del giorno dimostrando, evidentemente scarsa sensibilità e paura nel voler fare chiarezza su una pagina oscura della storia italiana.”

Alleanza Nazionale per il Popolo della Libertà
Sez. Carlo Falvella
C.so Garibaldi, 41 Vasto

Written by vastesi

gennaio 24, 2009 at 2:18 PM

Frana a Monteferrante

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Davide ci invia delle foto su quanto accaduto ieri sulla strada provinciale a Monteferrante e che per pochissimo non lo ha coinvolto.
Ne riportiamo sotto la notizia apparsa su “Il Tempo” di oggi.

Da “Il Tempo
Sulla s.p. 155 a Monteferrante

Due massi precipitano sulla strada, ferite due donne

Gioia Salvatore

LANCIANO – Per fortuna se la sono cavata con contusioni e qualche lesione due donne, madre e figlia di 70 e 42 anni di Tornareccio, che viaggiavano a bordo di un furgone sul quale è finito un grosso masso staccatosi da una parete rocciosa sulla strada Provinciale 155 a Monteferrante.
Il dissesto idrogeologico si è verificato intorno alle 11 ed i massi si sono riversati sulla strada che si collega a Roio del Sangro nel Medio Sangro. Il pezzo di roccia più grande, quello che poi si è riversato sulla strada era di circa un metro cubo. ìLa barriera paramassi in acciaio ha attutito in qualche modo il peso del masso, ma questo era di grandi dimensioni” ha dichiarato l’Ass. Provinciale alla viabilità Tamburrino ìLe piogge copiose dei giorni scorsi ed il disgelo hanno favorito questo fenomeno franoso. Abbiamo immediatamente chiuso la strada a scopo precauzionale.” Questa mattina l’Ing. Masciarelli ed altri tecnici della Provincia faranno il sopralluogo per accertare le cause del dissesto idrogeologico e prendere adeguati provvedimenti.
(20/01/2009)

Written by vastesi

gennaio 20, 2009 at 11:44 am

Pubblicato su Attualità

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Due articoli sulla Palestina

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Arci Vasto ci segnala due articoli provenienti dal mondo del commercio equo e solidale della Palestina:

LiberoMondo sta seguendo l’evolversi della difficile situazione in Palestina anche grazie ai contatti con le organizzazioni partner presenti nell’area.

Qui di seguito riportiamo un’interessante contributo che abbiamo ricevuto da Sindyanna, organizzazione con cui collaboriamo dal 2004. Oltre ad avere avuto il piacere di ospitare loro rappresentanti, abbiamo avuto modo di apprezzare il loro lavoro nel corso dei viaggi di verifica effettuati in Palestina da personale di LiberoMondo.

Fermate questa guerra

13 gennaio 2009

Cari partner di Sindyanna,

Ancora una volta la nostra regione sguazza nel sangue del popolo palestinese. Sindyanna of Galilee, un’organizzazione di commercio equo che mira a costruire ponti tra israeliani e palestinesi, guarda con dolore al modo con cui l’esercito israeliano provoca la devastazione a Gaza. Noi crediamo, ora più che mai, che dobbiamo lavorare con le altre forze di pace nella nostra regione e nel mondo per fermare questa guerra, offrendo alternative alla politica israeliana di dominazione attraverso la forza. Ora più che mai noi abbiamo bisogno della vostra solidarietà in modo che l’idea che ci unisce, quella di un mondo più equo, si possa realizzare.

In questo sforzo Sindyanna si è unita con le altre organizzazioni che stanno dietro le opinioni espresse sul sito internet di Challenge (www.challenge-mag.com).

Vi invitiamo a leggere gli articoli pubblicati su tale sito internet e a inviarci le vostre considerazioni. Qui di seguito proponiamo una citazione da uno di questi articoli. Essa presenta la posizione di Sindyanna sulla guerra a Gaza:

“La responsabilità per quello che ora sta accadendo a Gaza ricade, quasi esclusivamente, su Israele. Forse “Piombo fuso” (nome della campagna militare israeliana) si concluderà effettivamente, in un cessate il fuoco “migliorato”. Forse vedremo presto i capi di Hamas nuovamente a Il Cairo. Ma un ritorno alla calma sarà una non soluzione. Quale soluzione ci può essere finché i Territori Occupati continuano a sprofondare in corruzione, povertà e disperazione? Quanto tempo ci vorrà fino che una “nuova calma” ceda il passo ad un altro massacro?”

“E per quanto tempo la società israeliana può continuare a vivere come una Forza di Occupazione? Quanto tempo ci vorrà prima che i divari sociali interni al paese, insieme con il continuo peggioramento del conflitto, assestino un colpo molte volte peggiore dei razzi provenienti da Gaza? Il problema fondamentale non è Hamas.

È il consenso nazionalista dei partiti politici di Israele, che hanno spinto l’attuale governo di transizione ad attuare questo massacro, il cui solo vero scopo è di continuare a rinviare il costo della pace.”

Vi chiediamo di unirvi a noi nel protestare per questa guerra, in massa nelle strade o con qualsiasi mezzo potete, per giungere finalmente a una soluzione giusta al problema palestinese.

Un caro saluto

Hadas Lahav
a nome del direttivo di Sindyanna

Sindyanna of Galilee è un’organizzazione no profit nata nel 1996, dall’iniziativa congiunta di un gruppo di donne ebree ed arabe, allo scopo di commercializzare prodotti agricoli, principalmente olio di oliva, dei contadini arabi che vivono in Israele e nei Territori Occupati della Cisgiordania, operando secondo i principi del commercio equo e solidale.

Tra gli obiettivi di Sindyanna ci sono quelli di dare alle donne pari opportunità e di migliorare la condizione economica delle donne arabe che vivono in Israele.

Sindyanna si fonda sulla cooperazione tra arabi ed ebrei, basata sulla reciproca fiducia nell’uguaglianza, e nel diritto dei palestinesi all’autodeterminazione. In un’area che soffre a causa di guerre, occupazione e fondamentalismo, Sindyanna offre alternative concrete e un barlume di speranza.

Israele contro Gaza: una campagna per perpetuare l’occupazione

di Yacov Ben Efrat – 9 gennaio 2009
(www.challenge-mag.com)

L’operazione militare chiamata Piombo Fuso è iniziata sabato 27 dicembre 2008 e per la soddisfazione del pubblico israeliano, il primo giorno è costato la vita a più di 200 persone. Già venerdì dalle colonne dei quotidiani più importanti si gridava “Andateli a prendere” e sabato gli abitanti di Gaza hanno avuto quello che gli israeliani gli auguravano da tempo. Non è stata una operazione spontanea, non è stata una semplice risposta ai recenti lanci di missili sulle città del Negev. Nei sei mesi di tranquillità che hanno preceduto, mentre avvertiva che Hamas si stava riarmando, Israele stava pianificando con attenzione il suo attacco per poterne ricavare il massimo.

Ufficialmente la campagna voleva riportare nell’area una calma a condizioni più favorevoli per Israele. Ma gli obiettivi andavano oltre. Israele sta cercando di riportare Hamas al tavolo delle trattative con l’Egitto su delle basi favorevoli all’Autorità Palestinese (AP) e al suo presidente Mazen. Hamas ha sbagliato a non usare i sei mesi di tranquillità in modo costruttivo e adesso ne paga il prezzo. Israele vuole finire la resistenza armata, riconoscere gli Accordi di Oslo e accettare le condizioni del Quartetto. In altri termini Hamas dovrebbe rilasciare il controllo su Gaza e entrare nell’AP come partner di minoranza.

Il conto alla rovescia è iniziato a Novembre quando, rifiutando la proposta egiziana Hamas ha rinunciato a partecipare alla riunione con l’AP al Cairo. Per Israele la campagna di Gaza non è una impresa solitaria. Il passo era stato coordinato con la Giordania e l’Egitto – e aveva persino avuto la benedizione di Abu Mazen. I Fratelli Musulmani, ai quali Hamas appartiene, costituiscono la maggiore opposizione ai regimi egiziano, giordano e palestinese. Ritroviamo lo stesso asse che è andato contro gli Hezbollah in Libano due anni fa. Di nuovo con l’appoggio totale della Casa Bianca. Una volta ancora Israele agisce come un esecutore il cui compito è quello di ridurre la sfera d’azione di un nemico comune.

Hamas, da parte sua, ha commesso ogni possibile errore. Il primo è stato quello di conquistare Gaza nel giugno 2007, il che ha fatto sì che Israele rinforzasse l’embargo danneggiando i civili. L’ultimo errore è stata la ripresa della lotta armata contro Israele.

Hamas vuole che il suo dominio su Gaza sia riconosciuto in modo da poter competere con l’AP per la West Bank. Ha giocato una partita doppia. Da una parte ha preso parte al processo democratico delle elezioni dell’AP tre anni fa – dal quale è persino uscito vincente. D’altra parte l’AP e le elezioni sono state frutto dell’Accordo di Oslo che Hamas si rifiuta d riconoscere.

Khaled Mashal, leader del movimento, non si è accontentato di aprire nuovi fronti contro l’AP e Israele. Ha anche provocato il regime egiziano non sono rifiutando le sue proposte ma anche richiedendo l’apertura delle frontiere di Rafah, un atto che avrebbe violato gli impegni internazionali dell’Egitto. A livello della base, Hamas si è unito ai Fratelli Musulmani in una campagna contro il Presidente Egiziano Hosni Mubarak.

Per tutti questi motivi Gaza oggi si ritrova sola contro le forze militari israeliane. Dal suo rifugio a Damasco Mashal invoca una nuova Intifada anche se i palestinesi non si sono ancora ripresi dalla seconda. Mentre Hamas brama il potere i palestinesi sono stanchi, confusi e sopratutto frustrati. Da una parte hanno Abu Mazen che è pronto ad ingoiare tutto quello che Israele gli mette davanti. Dall’altra hanno Hamas intrappolato nel concetto che il suo regime dipende dal volere di Dio anche a scapito del Paradiso Oggi.

Dopo tre minuti dall’inizio delle operazioni Israele aveva già ucciso o ferito centinaia di persone. Non è difficile immaginare cosa può succedere in tre settimane. Lo scopo è quello di portare Hamas a una più ragionevole realtà – e se possibile restaurare il rispetto che Israele ha perso in Libano due anni fa. A questo proposito potremo definire Piombo Fuso una operazione di riparazione per la seconda Guerra del Libano secondo le raccomandazioni della Commissione Winograd che ha indagato sulle ragioni di quel disastro.

Ma quale è la reale situazione di Israele? E cosi forte come vuole apparire spargendo sangue a Gaza? Quale effetto i corpi massacrati, sparsi nel cortile dell’Accademia di Polizia avranno alla fine su Israele? O le urla strazianti delle madri? Molti israeliani vogliono raggiungere una qualche normalità e diventare, secondo le parole del Primo Ministro Ehud Olmert “una società dove sia “divertente vivere”. Dove sta il divertimento in questi massacri riciclati da 60 anni?

Negli ultimi 40 anni, Israele ha sistematicamente calpestato gli altri popoli rifiutandosi di cessare l’Occupazione. I palestinesi hanno perso tutti i loro diritti. La loro vita procede in mezzo alla cacciata dagli insediamenti, i blocchi stradali militari, le chiusure, i muri di separazione e la povertà strisciante. Olmert ha detto (ma soltanto quando ormai era chiaro che era in uscita) che non c’era altra possibilità per Israele che quella di ritirarsi dai Territori Occupati compreso da Gerusalemme Est. Se questa è davvero la sua posizione ha perso tempo in chiacchiere vuote. In azione, la posizione di Israele è l’opposto. Non si ritira, non demolisce nemmeno gli avamposti che chiama illegali, la maggioranza dei coloni rimane nelle loro case, i militari continuano a controllare le frontiere e Gaza continua ad affondare nella disperazione.

Piombo Fuso non ha nessuna giustificazione politica. Anche se Hamas ritornasse al tavolo delle trattative Israele non ha niente da offrire. Perche è riluttante come sempre a pagare il prezzo della pace ossia di finire l’occupazione. Dato che non ha pagato per i missili caduti su Sderot o su altre città del Negev, Israele allora utilizza i missili per continuare a non pagare. Altra scusa è quella del mantra che non esiste un partner. Quando Israele dice che è pronto per uno stato palestinese non significa che questo comprenderà tutti i Territori Occupati – i suoi discorsi su di uno stato palestinese sono una benda sugli occhi. La mancanza di volontà di Israele di pagare è la forza di Hamas. Il movimento si basa su tre piloni: la povertà, la debolezza dell’AP e la mancanza di prospettive diplomatiche.

E’ Israele che ha sprofondato Gaza nella condizione attuale. Il disimpegno del 2005 è stato unilaterale, rifiutando qualsiasi ruolo all’AP e lasciando il campo aperto alla presa del potere da parte di Hamas. La responsabilità per quello che sta succedendo adesso a Gaza è quasi esclusivamente di Israele. Forse Piombo Fuso finirà davvero con un cessate il fuoco “migliorato”. Forse vedremo presto la leadership di Hamas di nuovo al Cairo. Ma una rinnovata tranquillità non sarà una soluzione. Che soluzione sarebbe se i Territori continuano a sprofondare nella corruzione, nella povertà e nella disperazione? Quanto tempo ci vorrà perché una nuova tranquillità apra la strada ad un nuovo massacro?

E per quanto tempo la società israeliana potrà continuare a vivere come una Forza di Occupazione? Quanto tempo fino a che le lacune interne della società, con il peggioramento del conflitto costituiranno un disastro peggiore dei missili da Gaza? Il problema fondamentale non è Hamas. E’ il consenso nazionalista dei partiti politici di Israele che hanno spinto il governo transitorio ad attuare questo massacro il cui solo scopo è quello di rimandare il costo della pace.

Written by vastesi

gennaio 18, 2009 at 10:55 am

Nuova energia per uscire dal Petrolio

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Segnaliamo l’appuntamento di stasera ad Ortona alle 17,30 presso la sala EDEN (vicino Teatro Vittoria).
Organizzano: WWF, LEGAMBIENTE, ABRUZZO IN MOVIMENTO, COLONNE D’ERCOLE.

Il punto della situazione con la dott.ssa Lisa Celeste

Interverranno:
Maria Rita D’OrsognaCSUN Los Angeles
Dante Casertapresidente WWF Abruzzo
Angelo Di Matteopresidente Legambiente Abruzzo

L’articolo del Messaggero di oggi:

Lettera all’ENI: investite sull’innovazione tecnologica

Proposta degli ambientalisti per “uscire dal petrolio”. Convegno alla sala Eden

ORTONA – Una cartolina da inviare ai vertici Eni per chiedere alla multinazionale di investire in Regione sull’innovazione tecnologica: è l’iniziativa proposta da “EmergenzAmbienteAbruzzo”, la rete di associazioni ambientaliste, che presenterà il progetto in un convegno sul tema “Nuova energia per uscire dal petrolio” che si terrà nel pomeriggio di oggi, alle 17.30, presso la Sala Eden. Al dibattito, organizzato da Wwf, Legambiente, Abruzzo in Movimento e Colonne D’Ercole, prenderanno parte Maria Rita D’Orsogna del Csun di Los Angeles, l’avvocato Lisa Celeste, il presidente del Wwf Dante Caserta e quello di Legambiente Angelo Di Matteo.
«La conferenza – spiegano gli organizzatori – servirà a fare il punto della situazione. Rimarcheremo i rischi e i pericoli che comporterebbe la deriva verso gli idrocarburi sia in mare che in terra. Pochi anni di introspezione, ricerca e coltivazione che ci lascerebbero costi socio-economici e ambientali pesantissimi.

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Mobilitazione per Gaza 17/01

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Riceviamo da ARCI Vasto:

Mobilitazione per Gaza 17/01


Alla cortese attenzione dei
Componenti del Consiglio Nazionale
Comitati Regionali e Territoriali
Componenti del Coordinamento Internazionali

Cari e care,

le prossime ore sono molto importanti: speriamo tutti che lo spiraglio diplomatico che si è aperto porti davvero alla tregua a Gaza, dove i morti sono ormai più di mille e le distruzioni immani.

Ieri la Presidenza Nazionale ha discusso della situazione a Gaza e dell’iniziativa dell’Arci.

La nostra raccolta di firme ha superato le 4.000 adesioni di organizzazioni, personalità, amministratori e singoli. L’appello continua ad essere utilizzato in tante situazioni locali per costruire eventi unitari e crediamo possa costituire una buona base di lavoro dopo il 17 gennaio.

Sempre ieri si è anche riunito il Direttivo della Tavola della Pace per la preparazione della manifestazione di Assisi, e si susseguono prese di posizione di tante organizzazioni in merito alle due iniziative in programma sabato prossimo a Roma e ad Assisi.

A differenza della maggioranza delle capitali europee, in Italia non si sono create le condizioni per una manifestazione unitaria. Come sappiamo, tanti elementi hanno concorso a questo brutto risultato: la radicalizzazione delle posizioni e gli unilateralismi contrapposti, l’esistenza di schieramenti precostituiti e non dialoganti, la disattenzione generale sulla situazione in Palestina fino al massacro di Gaza, la divisione e l’inadeguatezza della proposta politica.

Noi crediamo che l’obiettivo non sia unificare i due schieramenti che scenderanno in piazza sabato, all’interno dei quali esistono posizioni incompatibili e per noi inaccettabili. Ciò di cui c’è bisogno è di un nuovo movimento per la pace in Medio Oriente, capace di affrontare la situazione con una piattaforma nuova e adeguata ai grandi mutamenti degli ultimi anni sia in Medio Oriente che nel nostro paese. All’antico problema politico si è aggiunta anche un’enorme sfida culturale, per evitare la contrapposizione identitaria e religiosa.

Soprattutto per questo la contrapposizione oggettiva fra le due manifestazioni di sabato ci preoccupa: la manifestazione di Roma convocata da alcune comunità palestinesi vedrà sicuramente una grande presenza araba e musulmana, come è già successo in altre città. E’ importante che non si determini una distanza dalle grandi organizzazioni democratiche, e non consegnare questo fenomeno alle componenti più estremiste.

Per questo abbiamo senza successo cercato di convincere la Tavola della Pace a spostare almeno di un giorno la manifestazione di Assisi, e stiamo facendo pressioni perché la Comunità Palestinese di Roma e del Lazio (promotrice del corteo di Roma) possa prendere parola ad Assisi, e per questo invieremo alla manifestazione di Roma una delegazione, che sfilerà in uno spezzone di corteo con le bandiere della pace a cui parteciperanno anche altre organizzazioni genuinamente pacifiste che si pongono lo stesso problema.

Oltre a noi, esiste un’ampia fetta di pacifismo politico che non si trova a suo agio nella situazione che si è venuta a creare. In queste ore è assai utile che l’Arci prenda parola, che parliamo e scriviamo laddove possibile, per riuscire a offrire un punto di riferimento utile a quanti, dopo sabato prossimo, hanno intenzione di impostare un lavoro e un impegno nuovo capace di spostare una politica così inadeguata, a una società italiana ancora così distratta e alle comunità ebraiche e musulmane ormai così divise.

L’appello promosso da Moni Ovadia e da Ali Rashid, con cui siamo in stretto contatto in questi giorni, offre un ulteriore alto riferimento per un lavoro di più lunga durata, con la sua proposta di costruire un Comitato Nazionale per la pace in Medio Oriente da far vivere anche a livello locale.

Facciamo in modo, dunque, che le divisioni prodotte da altri non generino conflitti né al nostro interno, né nello schieramento unitario di cui ci sentiamo parte. Lavoriamo con serenità in un momento difficile, sapendo che ci sarà molto da ricostruire e che potremmo giocare un ruolo positivo.

Invitiamo comunque ad intensificare lo sforzo per partecipare alla manifestazione di Assisi, che si svolgerà con un’assemblea e un corteo per le vie della città. Fra oggi e domani arriveranno dalla Tavola tutte le indicazioni logistiche. Vi invieremo indicazioni anche sulla nostra collocazione nel corteo di Roma, in modo da poter far lì convergere le presenze Arci che sappiamo ci saranno.

Vi invieremo al più presto anche una scheda informativa più dettagliata a riguardo del REC, l’organizzazione educativa laica che sosteniamo da tempo a Gaza, e a cui destiniamo la nostra raccolta di fondi di emergenza (avete già ricevuto il volantino). L’aiuto umanitario non può essere per nessuno, né per i governi né per la società civile, una foglia di fico dietro cui nascondersi per non prendere impegni politici. Ma le macerie di Gaza sono già altissime, e di tanto aiuto ci sarà bisogno, così come di iniziativa politica e culturale.

Per qualsiasi cosa, non esitate a scrivere e a farvi sentire. Buon lavoro e cari saluti.

Il presidente

Paolo Beni

Presidenza Nazionale ARCI
Via dei Monti di Pietralata, 16 – 00157 Roma

Written by vastesi

gennaio 16, 2009 at 9:56 am

PETROLIO Il gioco del settore si chiama ''contango''

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Riceviamo da Ivo Lanzellotti:

PETROLIO Il gioco del settore si chiama ”contango”

(Websim – 15/01/2009 15:42:57)

Grande concentrazione di petroliere nel Mare del Nord, al largo della Scozia. Sono piene di greggio, ma non si muovono, consegneranno il prezioso carico solo fra alcuni mesi a prezzi più alti degli attuali. Il giochetto speculativo vede impegnate in prima fila alcune major petrolifere, Royal Dutch Shell e Bp, ma vi partecipa attivamente anche una banca come Citigroup, mentre secondo due broker marittimi Morgan Stanley sta disperatamente cercando una superpetroliera da affittare.

Nel gergo finanziario, la speculazione in corso si chiama “contango”, termine che indica una situazione di mercato dove il prezzo spot (consegna immediata di una merce) è inferiore ai prezzi dei contratti future, quelli che prevedono la consegna a termine (minimo tre mesi). Una situazione insolita per i mercati.

Per mettere in atto il “contango” bisogna immagazzinare fisicamente la merce comprata sul mercato spot e vendere contemporaneamente contratti future. Per guadagnare, bisogna essere in grado di coprire il costo del noleggio della nave e dell’assicurazione. Il noleggio di una superpetroliera, si legge su Bloomberg, costa circa 90 centesimi di dollaro al barile al mese.

A Scapa Flow, porto dell’estrema punta Nord della Scozia, arriverà fra pochi giorni la supepetroliera Luxembourg, per fare il pieno di Forties, una qualità pregiata di petrolio del Mare del Nord che concorre, insieme ad altri tre tipi di greggio, alla determinazione del prezzo del Brent, la quotazione di riferimento per circa due terzi del petrolio mondiale.

Secondo un gruppo di trader e analisti interpellati dall’agenzia Bloomberg, questo mese la produzione di Forties dovrebbe essere di 670mila barili al giorno, mentre trader e speculatori hanno noleggiato petroliere per immagazzinare oltre 15 milioni di barili di Forties.

Shell, la prima compagnia petrolifera europea, partecipa a questa attività con la superpetroliera Eliza, un gigante dei mari capace di immagazzinare 2,2 milioni di barili, e con un’altra unità, la Leander.
Bp e Citigroup, attraverso la controllata Phibro, tengono navi piene di petrolio al largo delle Isole Orcadi (Orkney Islands), al Nord della Gran Bretagna.

Written by vastesi

gennaio 15, 2009 at 4:30 PM