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Archive for aprile 2007

Il Marchese D'Avalos e la terra di Marrollo

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Una curiosa vicenda tramandata nelle memorie di Emiliano Marrollo.
Il testo è prelevato dal sito villasangiacomo.eu

Dopo di Antonio Caldora, venne al potere Federico III d’Aragona come Signore di Vasto, il quale fece e nominò nel 1497 il primo Marchese di Vasto, nella persona di Innico II d’Avalos d’Aquino.

Impossessatosi di tutti i beni donatigli dal sopraccennato d’Aragona, si arriva, di discendenza in discendenza fino al marchese Conte Cesare Michelangelo d’Avalos, sotto il cui govemo si svolgono i fatti che verranno narrati.

Siccome i monaci di Tremiti a mare avevano possesso di un grande patrinornio di due feudi nel circondario del Vasto, cioè di Ragna e Bardella del Comune di Scerni e perché essi proprietarii misero in vendita i detti beni per un prezzo elevatissimo, non vi fu che solo l’avido e prepotente del marchese del Vasto che potè farne acquisto.

Era questa la sua mira e la scarsezza dei concorrenti compratori, concorse a fare risultare paga la sua ingorda mira.

Dopo di tale acquisto, egli, volle personalmente andare a prendere possesso dei sopraccennati feudi; e, dal Vasto, partitosi con poderosa forza, venne sopra luogo.

Si premetta che affiango al feudo Bardella v’era una estensone di circa 55-56 salme di terra, posseduta dal mio bisnonno, Giacomo Rinaldo Marrollo.

Ora avvenne che il Marchese Conte Cesare Michelangelo nella sua gita di ricognizione del nuovo possesso, ed in compagnia dell’Agente dei primi possessori dei feudi, passò d’apprirna pel feudo Ragna, e poi facendo il giro venne all’altro Bardella cioè si partì lungo la riva del torrente Sinello, e poi di mano in mano arrivato al vallone detto di Roviceto risalì al boragno e sempre salendo colle per colle giunse alla estensione delle dette terre coltivate…

Dove, con sorpresa, il Marchese guardò e riguardò, osservando quel vuoto dissodato del Bosco.

Per il chè il Marchese giunto alla fin fine di questo sempre ripensando a quel vuoto di terra coltivato, interpellò l’Agente.

“Ditemi, come va che la siepe circondante questo mio feudo non và dritto al vallone Roviceto, e, non comprende ancora quel suolo coltivato ?”

L’Agente rispose: “Eccellenza, sempre così è stato il confine, dacchè i monaci m’hanno fatto custode di queste terre, come coltivato ho trovato quell’ esten- sione di suolo che a lei pare del suo.”

Ed allora soggiunse il Marchese “a chi apparterrebbe ?” L’Agente di rimando “I Signori Marrollo di Scerni, per quanto mi sappia sarebbero come sono, i legittimi proprietarii,” “Quando così è”, ripeté il Marchese, “Agente, mi farai chiamare tale proprietario, il quale sarà tosto invitato, perché venga in mia presenza.” Di lì a poco il Marrollo fu condotto per mezzo di un subbordinato dell’Agente, al cospetto di sua Eccellenza, e quegli facendoglisi innanzi con un inchino umiliante e rispettoso, disse “A che debbo servirvi, Eccellenza vostra Illustrissima?”

“Ecco, signor Marrollo, di che si tratta. Io ho fatto acquisto, come dovete sapere, dei due feudi Ragna e Bardella e venuto quì espressamente a prendere possesso, veggo con malocchio quello spazio di suolo coltivato d’accanto al mio bosco, di cui, come l’Agente mi fa sapere, voi siete il proprietario.

Vi pregherei di cambiarmelo, perché mi piacerebbe allineare fin giù al vallone, la mia siepe, e darvi invece io un altro appezzamento sito in contrada Ciciardo, il quale è oggi posseduto dal Signor Panfilo Marrollo fu Giuseppe e da altri.” Al che, coraggiosamente ed impavidamente il Marrollo rispose a sua Eccellenza: “Prego, signor Marchese, le mie terre che voi pretendete avere, scambiandole reciprocamente, non sono vincolate da nessun tributo governativo e, per di più sono terre nuove, vergini e feconde. Le vostre invece sono in prima vincolate, e poi sterili e sfruttate”.

Il Marchese, indignato a tale secca e canzonante risposta, non disse verbo; ma in cor suo pensò di soddisfarsi a tutti i costi e di vendicarsi di quello irriverendo uomo, ricorrendo alla sua prepotenza e fidando sulla sua potenza. Subito dopo chiamò alcuni dei suoi numerosi satelliti e ordinò loro espressamente di arrestare quell’individuo, per poi tradurlo in carcere entro un castello, ove l’aspettava la morte, e, dopo d’avergli confiscata tutta la sua roba, ne più nemmeno come facevano tutti i feudatarii d’allora per ogni qualsiasi circostanza.

Il Marrollo, che aveva avuto sentore di tale ordine, ebbe campo di svignarsela e così fuggire dalle prese di quei furibondi manegoldi. I quali, pieni di sconforto e di fatiche invane, tornarono dalla loro Eccellenza, per dire che ogni loro sforzo era stato impossibile ad arrestare il fuggiasco, che, innanzi s’era troppo allontanato per poter essere preso dai loro ferri.

Ed il Marchese a sua volta, pieno di indignazione e di rabbia, ordinò a quel detto Agente dei Monaci, di far chiamare diversi coloni, perché immediatamente raddrizzassero la siepe fin giù al vallone; ed a fine di guarentire questo suo arbitrario atto, raddoppiò i guardaboschi, ingiungendo loro rigorosamente di salvaguardare con attenzione quel suo appezzamento nuovo del feudo Bardella e di far fuoco senza indugio a chiunque si fosse azzardato d’entrare in quelle terre coltivate. Il giorno susseguente fece misurare l’estensione di queste ed altrettanto fece nella contrada Ciciardo per una medesima area; ed in tal modo il contratto di cambio, preteso dal Signor Marchese, fu presto e fatto, senza naturalmente, l’acconsentimento dell’altro.

All’estremo male, estremo rimedio; e così dovette fare il nostro fuggiasco Marrollo per scambiarsi il peggior dei mali: la vita, l’onore, la roba e tutto il resto.

Accondiscese quindi al contratto del Signor Marchese, prepotente e potente in tutta la sua linea di feudatario, ma muto in cor suo, il Marrollo vi giurò vendetta atroce.Era uso il Marchese d’Avalos, come del resto era costume dei suoi antenati tutti, venire ogni anno a Scerni per svernare e poi nel mese di ottobre tornare nel Vasto, (per cui questa terra ebbe il primo nome di battesimo “SVERNIA”, il secondo “LA SVERNIA” donde l’ultimo “SCERNI”. E con lui, il Signor Marchese, al solito veniva una numerosa scorta di gente, per il che al nostro vendicativo Marrollo, non poteva riuscirgli mai un’occasione propizia d’ucciderlo; giacché non mai mancava due o tre guardie di scorta al Marchese, nemmeno quando sortiva per poco dal suo palazzo. Il Marrollo intanto non cessava di perdersi d’animo e non abbandonava giammai il pensiero fisso della vendetta: si almanaccava in tutte l’ore il proprio cervello, di giomo e di notte, di notte e di giorno, sempre nella sua mente, nella sua fantasia si vedeva sanguinante il cadavere di quello scelleratissimo e sanguinario feudatario del Marchese. Fra le altre, pensò un giorno cosa che ben dovevagli riuscire a tiro.

Egli disoppiatto proprio alla Fonte detta di Cotealto, l’aspetterebbe quel Signor Marchese, allorquando esso usciva la sera a frescheggiare a circa le ore 22 -secondo l’antico orologio- al disotto il trappeto del Reverendo D. Panfilo Ciccarone, essendochè era in allora tempo di terrorismo, di proprietà della Eccellenza d’Avalos detto trappeto e casa attigua. Sempre, e in tutto e con tutti, potente e prepotente quel Marchese buon animo d’Inferno…

Sì, l’aspetterebbe a quell’ora e in quella sera; e una sua palla, ben tirata, l’avrebbe potuto freddare!… Difatti con questo proponimento, si apposta, freddo e risoluto, a venti ore, dietro la detta fonte, e verso l’ora aspettata e fatale, ecco che vede il Marchese scendere dal palazzo, e passeggiare poi in su e in giù. Con mano ferma, il Marrollo, intrepido, tira il colpo dalla carabbina; e sicuro d’averlo fatto il colpo, si diè frettolosarnente e senza alcun rimorso in precipitosa fuga.

Molto sfortunatamente però, il Marchese non rimase ne freddato, nè tampoco toccato, perchè egli si trovò in quel momento, prima che la palla l’avesse squarciato il petto, ove era diretta, a voltarsi, e quindi scomparse da quel tiro, che bruciò la sola manica della veste da camera. Figurarsi lo spavento della gente del Signor Marchese, salvo per puro miracolo di Satana. In un baleno, appena dopo il colpo, una numerosa gente si vide presso di se l’ Eccellenza d’Avalos, il quale trepidante tutto, calmò o cercò di calmare quelli accorsi, indicò loro donde era uscito il colpo e invitò tutti di correre subito in cerca del traditore.

In breve, tutta la forza Marchesale si vide scatenarsi giù per le coste, per cui si andava al luogo indicato e fatale. Ogni sforzo, ogni traccia di ricerca furono del tutto vani, perché, come s’ è detto, il Marrollo nella sua corsa precipitosa, subito dopo tirato il colpo, già era arrivato niente meno al Sinello, allora quando quella gente raggiunse il posto dell’attentato. Durante il suo fuggire, Marrollo gioiva, tutto concitato per non cadere nelle mani dei manegoldi, presupponendo che il Marchese sarebbe stato morto, se non fulmineamente, almeno dopo raffreddato il colpo. E fuggiva, fuggiva come una saetta, fintantocchè arrivò al Vasto ove s’abbattè molto fortunosamente con diversi Giovinazzesi.

La prima domanda che fece fu quella di sapere da questi forastieri, se loro occorreva un garzone e quelli di risposta dissero che di garzone non avevano bisogno, ma che se voleva prendere l’arte loro quella del marinaio, non gli rimaneva altro che di arrolarsi a quella loro compagnia, il Marrollo accettò e tutti con lui furono contenti.

Non fa bisogno dire quanto sia stato felice quest’incontro pel nostro fuggiasco Marrollo e con quant’amore prese imbarco con quei nuovi amici Giovinazzesi. Arrivata la nostra brigata e con questa il Marrollo nel paese di Giovinazzo, con molta fortuna si cominciò a lavorare da marinaio da parte del nostro fuggitivo, il quale fu fatto così emigrato per sempre, essendocchè chi passava da una contea ad un’altra, secondo leggi di quei oscuri tempi, si scampava la vita e si perdeva il diritto di cittadinanza. Ed in questa persuasiva di non poter più rimpatriare, pensò bene di rammogliarsi colà, ed ivi con buona fortuna fu padre di numerosa prole, tanto che col tempo, poco più di un secolo, la contrada della marina poteva ben chiamarsi Marrollo, Che anzi col volgere del tempo da Marrollo si ebbe Morolla, o perché il primo di tal casato che fu in quei paesi fu mal capito, o perchè mal si spiegò, ed o perché per gli effetti del tempo, avvenne, come in ogni cosa di natura, quella trasformazione di nome.

Su l’esistenza di tale Morolla in Giovinazzo, i miei non hanno lasciato mai d’inforrnarsi, ma tutti sempre m’hanno assicurato ch’esiste, ma che fu una ben estesissima famiglia. Che anzi, cade opportuno narrare questo fatto avvenuto nel 1856 per meglio accertare la verità di questo nostro asserto, a riguardo della famiglia Marrollo vissuta e vivente in quel di Giovinazzo.

Al principiare del mese di aprile di detto anno, capitano al Vasto per la vendita del grano i signori Panfilo Marrollo fu Giuseppe e Cassiodoro e Giovanni di Fonzo, quali deputati di commissione per la festa di S. Panfilo, patrono della festa e ricorrente addì 28 aprile di ogni anno.

La vendita del genere fu presto fatta colà a certi due negozianti di Giovinazzo, che negozio avevano nel Vasto.

Fatti i conti, i nostri venditori, staccaronsi da quelli; ma dopo meno di un’ora vi tornarono ben scrupolosamente, perché, consegnata la moneta, si trovò in dippiù un trenta ducati.

Al fondaco dei negozianti Giovinazzesi non si trovò che uno solo di essi, ed a questi rivolse la parola subito appena entrato Il Marrollo: “Amico, avete fatto un ben grande sbaglio”.

E l’altro, tutto concitato a questa inaspettata e dubbiosa inchiesta, chiamò il suo compagno Giovinazzese, poco di là discosto e disse “Marolla senti, senti, che nel conto del grano venduto da questi signori v’è stato dello sbaglio”. Ed il Marrollo: “No, badate lo sbaglio c’è ma è a nostro favore e a vostro discapito. Non siamo noi padroni di tal somma ma è esclusi vamente del Santo”; Infatti si rifecero i conti esatti, e si trovò la verità del Marrollo. Questi allora, tutto desideroso di conoscere quel forastiero negoziante che chiamavasi col proprio casato suo, domandò: “Di grazia, come vi chiamate, se è lecito, donde siete?” “Angelo Marolla, a servirvi io mi chiamo, e Giovinazzo è la mia terra natia”. A questa risposta, il Marrollo Panfilo, che già sapeva dei suoi antichi parenti Giovinazzesi, con tutta commozione abbracciò quel suo inaspettato congiunto, lo baciò e lo ribaciò.Anche l’altro era commosso e non cessava di parlare, dicendo chi egli era e da chi ebbe vita, raccontando della sua origine, che veniva dai Marrollo di Scerni e domandò nuove del suo original paese. Soddisfatte tutte queste domande, e passati quei primi momenti di commozione e di abbracci di affratellamento, il Marrollo invitò quel parente suo a venire in Scerni, a casa sua, ove gli avrebbe fatto conoscere tutti i suoi, nonché indicargli quel fatal luogo dove tirò il colpo di fucile all’Eccellenza d’Avalos, uno dei loro antenati, quel primo Marrollo, che, emigrato, dovette rifuggiarsi nel lontano paese di Giovinazzo.

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Written by vastesi

aprile 26, 2007 at 3:50 PM

Pubblicato su Memorie Vastesi

Vasto, diversa?

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Quando mi capita di parlare con amici vastesi, l’idea che più ricorre nei nostri discorsi è che “a Vasto non si può fare”, che “Vasto non è pronta”, che “la gente non lo capirebbe”…Ogni proposta cade così nel vuoto. Progetti realizzati in altre città diventano proibitivi per Vasto, perché?

La nostra città non è molto grande, non è particolarmente povera, i suoi cittadini, credo, hanno un livello culturale ed economico medio…Non vedo particolarità importanti che possano fare di Vasto una realtà fuori dalla norma. Certo, ci sono particolari bisogni, particolari problematiche, ma non credo si possa parlare di una grande differenza rispetto ad altre città.

Su questo punto vorrei aprire un dibattito. La mia opinione è che Vasto è una realtà specifica tra tante, con problemi specifici ma non unici; e ha potenzialità maggiori di altre cittadine della stessa dimensione, bisogna riconoscerlo. Ciò che manca è una visione chiara e completa del vastese.

Da parte mia, quindi, non credo che i progetti realizzati in altre città non possano trovare spazio nella nostra. Semmai, avverto la mancanza di chiarezza su quelli che sono i veri bisogni e le reali potenzialità di Vasto. Bisognerebbe fare il punto della situazione: uno studio tecnico che ci dica qual è il punto di partenza. Da lì, si può iniziare a discutere sulla direzione da prendere.

Insomma, conoscersi per conoscere i propri limiti…i reali.

Written by vastesi

aprile 26, 2007 at 9:57 am

Pubblicato su A Vasto

Visioni vastesi

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Uno slideshow fotografico sulla città ed il mare di Vasto.
Leggi il seguito di questo post »

Written by vastesi

aprile 25, 2007 at 4:52 PM

Nostalgia

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Un tema antico ma sempre attuale: il ricordo.

Il ricordo di un amore nato sulla spiaggia di Vasto durante l’estate.
Il ricordo di un amore finito che torna all’improvviso e colpisce con forza inattesa.

A volte bastano le prime note di una canzone che non si ascoltava da tempo. Da quel tempo…e nella mente si ricompone l’immagine del volto amato, col quale si credeva di aver chiuso per sempre. Ma il ricordo, improvvisamente liberato, fa affiorare la la struggente nostalgia per quella ragazza incontrata in un giorno solare sulla spiaggia di Vasto Marina.
La nostalgia, le note di una canzone… per ritornare con la memoria a quel passato, con la consapevolezza dell’illusione, del gioco con la fantasia.

Nostalgia
Inesorabili
scorrono gli anni.
Nostalgici ricordi m’assalgono.
Vorrei fermare il tempo,
rivivere dei momenti ormai passati, a Vasto.

(Laviniano)

Paese mio

Il pensiero torna
alla casa natia
alla mia gente
temprata
dalla miseria,
ma ricca
di calore umano.
Tutto era bello,
tra voci
e sguardi limpidi
tutto era buono.
Nell’atmosfera
di incanto
rivivo la gioia,
le immagini di tempi andati.

(Nicola Bottari)

Sotto il mio campanile

Mi ridà tempra questo caro intrico
di vicoletti, viuzze e di piazzette
che sveglia la memoria in un antico
vociar di bimbi e di dolci nonnette.

Fette di cielo azzurro, un muro amico,
la finestrella senza più violette
e su, che svetta, il campanile aprico,
a ricordare l’ore benedette.

Tra spicchi d’ombra e sole m’incammino
fra quelle primavere, estati e inverni
e in questo freddo autunno mi trascino

fin qui, tra questi miei muri paterni,
a rinvenir vigore di bambino,
per mitigare al cuor rancori e scherni.

(Osvaldo Santoro, poeta vastese)

La nostalgia ci fa ricordare ciò che abbiamo amato ma non ci appartiene più.

Si dice che la nostalgia sia un voler ritornare in un determinato luogo e indietro nel tempo che abbiamo già vissuto. Ma il tempo è irreversibile!

La nostalgia si contrappone alla speranza, perchè evoca situazioni passate, però entrambe hanno come baricentro il tempo: il tempo passato, per la nostalgia; il tempo futuro, possibile, per la speranza.

Nella poesia ”A Zacinto”, Ugo Foscolo ripensa con nostalgia al luogo natio dal quale è lontano e lo identifica un tutt’uno con il corpo della madre. Infatti si rivolge alla propria patria (Zacinto) con le parole ”o materna mia terra”.

A Zacinto

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l’inclito verso di colui che l’acque

cantò fàtali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.

(Ugo Foscolo)

Allora

Allora… in un tempo assai lunge
felice fui molto; non ora:
ma quanto dolcezza mi giunge
da tanta dolcezza d’allora !

Quell’anno! per anni che poi
fuggirono, che fuggiranno,
non puoi, mio pensiero, non puoi,
portare con te, che quell’anno !

Un giorno fu quello, ch’è senza
compagno ch’è senza ritorno;
la vita fu vana parvenza
sì prima sì dopo quel giorno !

Un punto ! … così passeggero,
che in vero passò non raggiunto,
ma bello così, che molto ero
felice, felice in quel punto !

(Giovanni Pascoli)

Passaggio notturno

Giace lassù la mia infanzia.
Lassù in quella collina
ch’io riveggo di notte,
passando in ferrovia,
segnata da vive luci.

Odor di stoppie bruciate
m’investe alla stazione.
Antico e sparso odore
simile a molte voci che mi chiamino.

Ma il treno fugge. Io vo non so dove.
M’è compagno un amico
che non si desta neppure.

Nessuno pensa o immagina
che cosa sia per me
questa materna terra ch’io sorvolo
come un ignoto, come un traditore.

(Vincenzo Cardarelli)

Traversando la Maremma toscana

Dolce paese, onde portai conforme
l’abito fiero e lo sdegnoso canto
e il petto ov’odio e amor mai non s’addorme,
pur ti riveggo, e il cor mi balza in tanto.

Ben riconosco in te le usate forme
con gli occhi incerti tra ’l sorriso e il pianto,
e in quelle seguo de’ miei sogni l’orme
erranti dietro il giovenile incanto.

Oh, quel che amai, quel che sognai, fu in vano;
e sempre corsi, e mai non giunsi il fine;
e dimani cadrò. Ma di lontano

pace dicono al cuor le tue colline
con le nebbie sfumanti e il verde piano
ridente ne le pioggie mattutine.

(Giosuè Carducci)

La nostalgia ci pervade quando gli affetti, le passioni, non possono esprimersi nel presente.

La nostalgia è il sentimento del tempo perduto, inafferrabile, in particolare quello dell’infanzia e l’adolescenza, se sono state felici. Allora si ripensa alla magia di quel periodo.

Ma non c’è rimedio. La nostalgia, la poesia con l’incanto delle sue parole, non possono restituire ciò che è perduto.

Tutto rimane solo
nel libro della vita
sotto forma di ricordi
che si rincorrono e si confrontano
tra passato e presente.

Ricordi che rivivono
nell’anima e nel cuore
con struggente nostalgia
ombre fuggevoli,
erranti nell’eternità.

(Angelo Del Moro)

Written by vastesi

aprile 23, 2007 at 4:14 PM

Pubblicato su Memorie Vastesi

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Week end a Vasto

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Sono tornato a Vasto,
nella città natia dove i piacevoli ricordi possono a volte farti soffrire,
ma è anche la città dove, chi può, rimane ad abitarci,
chi si trasferisce, appena può ritorna.
Chi parte e non può tornarci,
ci lascia il cuore.

(Rodolfo Molino)

 

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Written by vastesi

aprile 23, 2007 at 2:56 PM

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Benvenuti

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Finalmente possiamo dare per iniziata la nostra avventura come ‘club virtuale’ che cerca di riunire le idee e i progetti dei vastesi e di coloro che amano Vasto. Alcuni mezzi di comunicazione hanno voluto farci il piacere e l’onore di annunciare l’inizio delle nostre attività e spero che questo sia utile a farci conoscere e a che vengano sempre più amici a trovarci. Certo, in questo senso, sarà utile il passaparola e la pubblicità che noi stessi, inscritti della prima ora, potremo farci.

Vorrei dare il mio personale benvenuto a tutti voi e chiedervi una partecipazione attiva e attenta: scrivete, segnalate, proponete! È essenziale che questo laboratorio sia un continuo flusso di idee e di input. È importante dimostrare la nostra presenza e il nostro controllo costante su Vasto.

Ormai conosciamo bene il potere di internet e le potenzialità comunicative che ha: sfruttiamole! Usiamo i nostri computer per confrontarci e discutere. Serenamente e con imparzialità, come ci piacerebbe facessero i nostri rappresentanti. Il nostro fine è il bene di Vasto, noi non abbiamo nient’altro da guadagnare però molto da perdere: la città dove siamo nati, cresciuti o dove semplicemente passiamo le nostre vacanze.

Dalla segnalazione di un disservizio a un’idea, da un ricordo a un desiderio, tutto può essere utile a migliorare Vasto e a sentirci un po’ più parte integrante della nostra città.

Non dimentichiamo la parte ludica: siamo qui anche per divertirci un po’, anche per staccare la spina e parlare tranquillamente con un amico di penna, perchè no? Veniamo dalla stessa realtà, sicuramente avremmo molti punti in comune.

Spero sinceramente che questa iniziativa possa avere successo e che ci sia sempre una maggiore partecipazione. È un sito aperto, ognuno può scrivere e commentare liberamente. Vi ricordo che c’è un forum dove, oltre a poter avere un incontro più diretto, si possono chiedere spiegazioni, consigli o aiuto.

Benvenuti!

Written by vastesi

aprile 20, 2007 at 10:13 am

Pubblicato su A Vasto

Vasto, spiagge per Cani

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Un amico ci invia questa riflessione:
“Invito il lettore a fare questa ricerca sul web: “spiagge attrezzate disabili Vasto”. Salvo qualche hotel la ricerca non dà alcun risultato: le strutture vastesi sono del tutto impreparate a questo tipo di ricettività.
Al contrario, la ricerca “spiagge attrezzate per cani Vasto” dà risultati se non proprio soddisfacenti almeno sufficienti. Su diversi siti, tra cui quello degli animalisti italiani, vengono indicate le strutture italiane pronte ad accogliere il migliore amico dell’uomo. Alla voce che interessa la nostra città non vengono indicati dei lidi specifici come accade per Pescara, Ortona o Riccione; il sito, infatti, recita: “Vasto: spiagge per cani”.
“La domanda nasce spontanea”, diceva Lubrano in una famosissima trasmissione: come è possibile che le nostre spiagge siano fruibili più dai cani che dai disabili?
Ciò che rende ancor più grave la situazione è che i parcheggi riservati a persone portatrici di handicap, sono costantemente occupati da altre macchine che non vengono nè multate nè tanto meno rimosse. Tutto questo accade sia alla marina che al centro, sia d’inverno che d’estate, rendendo la vita di queste persone impossibile. Tutto diviene un’impresa da titani: andare a far la spesa, recarsi in ospedale o al mare, far visita ad un vecchio amico.
Ogni volta che un parcheggio riservato è occupato da gente incivile ed ignorante, ogni volta che una carrozzina non ha una passerella che possa far guadagnare il bagnosciuga, ogni volta che un autobus non è attrazzato per l’evenienza, questi cittadini diventano cittadini di Serie B.
Eppure anche loro lavorano e pagano le tasse, anche a loro, sotto elezioni, i politici chiedono il voto.
La responsabilità, ovviamente, non è solo delle amministrazione succedutesi negl’anni, anche gl’imprenditori hanno le loro colpe: non c’è neanche un lido attrezzato su tutta la costa.
Vasto necessita di un piano spiagge serio e responsabile che non guardi solo al mercato ma anche all’etica. I cartelloni pubblicitari invitano a gustare i colori ed i sapori della nostra terra, peccato che non tutti li possano farlo.

Written by vastesi

aprile 16, 2007 at 5:02 PM

Pubblicato su A Vasto