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Archive for febbraio 2007

Ricordi vastesi

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di Laviniano

La memoria lavora nel silenzio, ma diventa voce narrante quando annoda le trame dei ricordi, per salvarli dall’oblio.

A volte basta una canzone, un brano musicale, una fotografia per tornare al passato… e quel tempo diventa cornice di un racconto, di una poesia…
come questa del poeta vastese Osvaldo Santoro:

Lu ricorde

A la sprovviste nu ricorde arrive
gne chele sunne che te fa svejà
e a ucchje apirte pare ch’arevive
na storie vicchje che fa ‘dduselà.
Le sinte na bbande, nche lu sone
che s’avveceine…passe…e se ne va:
na puhesì po resse, na canzone…
na neequetate che n’ze po’ scurdà.

Nnche nu mutive allegre o nu lamente
te pò fa piagne o ride, a lu mumente;
se n’arevà po, sempre cchià darasse,
ma fine a che nen mure nen te lasse.

Lu tempe vole e quande l’ore arrive
nu pure duventame nu mutive
e pure nù gne èsse, piane piane,
dalonghe iame…sempre cchiù luntane.

‘Mmezze a la ggente che nen ce stà cchià
ricurde tra ricurve, pure nù.

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Written by vastesi

febbraio 28, 2007 at 5:06 PM

Pubblicato su Memorie Vastesi

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Ricordi vastesi

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La memoria “lavora” in silenzio, ma diventa “voce narrante” quando annoda le trame dei ricordi, per salvarli dall’oblio.

A volte basta una canzone, un brano musicale, una fotografia per tornare al passato… e quel tempo diventa cornice di un racconto, di una poesia…

Lu ricorde

A la sprovviste nu ricorde arrive
gne chele sunne che te fa svejà
e a ucchje apirte pare ch’arevive
na storie vicchje che fa ’dduselà.

Le sinte na bbande, nche lu sone
che ’avveceine… passe…e se ne va:
na puhesì po resse, na canzone…
na neequetate che n’ze po’ scurdà.

Nnche nu mutive allegre o nu lamente
te pò fa piagne o ride, a lu mumente;
se n’arevà po, sempre cchià darasse,
ma fine a che nen mure nen te lasse.

Lu tempe vole e quande l’ore arrive
nu pure duventame nu mutive
e pure nù gne èsse, piane piane,
dalonghe iame…sempre cchiù luntane.

’Mmezze a la ggente che nen ce stà cchià
ricurde tra ricurve, pure nù.

(Osvaldo Santoro, poeta vastese)

Scrivere per non disperdere alcuni ricordi personali o memorie collettive, pur nella consapevolezza che i ricordi sbiadiscono, mutano la realtà col trascorrere del tempo.
Cambia anche la percezione degli spazi: una strada, una casa, un panorama. Come li abbiamo visti nell’infanzia ? Possiamo sforzarci di ricordare le sensazioni di allora, ma se ritornassimo in quei luoghi li vedremmo, comunque, in modo diverso.

Lo stesso inganno

Ritornare
sul luogo dei ricordi
per riesumare
le spoglie del passato
è usare
violenza al cuore.
Lo stesso inganno
di chi guarda
la lucciola di giorno
e scopre che è
un insetto nero
che gli cammina goffo
sul palmo della mano.

(Bruno Dall’Olio)

La costa frentana, i paesi sulle colline vicine la riviera, Vasto: percorsi di memoria ed illusioni sentimentali in un gioco di riflessi.Ricordare per “leggere” il passato e costruire l’autobiografia.A volte per ricordare bastano le prime note di una canzone che non si ascoltava da tempo per tornare con la memoria a quel tempo…a quella ragazza amata nel tempo d’estate; alla spiaggia di Vasto con i gabbiani che cabrano sul mare turchese; all’antica dimora dove sono nato, nel centro storico.Già, la casa avita. Quando torno a Vasto quella palazzina sembra accogliermi con un abbraccio affettuoso, consolatore.

Il bel portale immette in un piccolo giardino ed allo scalone che conduce al piano superiore, dove ci sono le stanze che mostrano i segni del tempo che passa, pavimentate con le ceramiche di Vietri sul Mare, preferite da mio nonno, che scelse per ogni camera diverse tonalità e disegni di mattonelle.

Nello studio-biblioteca lo scorrere del tempo sembra lieve, come il velo di polvere che si posa silenziosamente sugli specchi, sui mobili, sui libri che hanno conosciuto varie generazioni della mia famiglia.

Dietro la porta d’ingresso nella camera da letto dei miei genitori ci sono ancòra incisi dei segni, quasi impercettibili, che soltanto io vedo bene, perchè rappresentano un piccolo segreto tra me e mia madre, che li tracciava per indicare periodicamente la mia crescita in altezza.

Poi c’è il salotto, quella della buona borghesia…di una volta, dove venivano intrattenuti gli ospiti. In questa stanza i segni del tempo sono sui bordi lisi delle vecchie poltrone in pelle, vicine al caminetto annerito dal fumo di lontani inverni.
Sul divano ci sono gli sbiaditi cuscini ricamati da una zia. Ancòra la ricordo in quei giorni d’estate, seduta vicino la finestra che si apre sul golfo, per rinfrescarsi con la brezza marina pomeridiana e per carpire la luce solare mentre era intenta a seguire con ago e filo il disegno sulla tela incastrata nel telaio da ricamo.

Quando torno a Vasto da quella finestra ammiro le isole Tremiti con lo stesso stupore di quando ero adolescente, anche se in quel tempo la contemplazione del paesaggio m’immalinconiva, perchè ero “lontano” dalla fanciulla amata, che pur abitava nella stessa via. Soltanto i rintocchi scanditi lentamente nell’antico borgo dall’orologio sul campanile della chiesa di San Giuseppe lenivano la mia ansia, nell’attesa dell’uscita serale per incontrare la ragazza dei miei sogni.

Written by vastesi

febbraio 23, 2007 at 4:17 PM

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Il campo per gli italiani "pericolosi" di Istonio Marina.

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Da I Campi di concentramento in Abruzzo (1940-1944) di Costantino Di Sante:
Il campo di Istonio Marina fu uno dei primi campi abruzzesi ad essere allestiti. L’11 giugno 1940 era già attivato: era costituito dall’albergo dell’avv. Oreste Ricci e dalla villa degli eredi Marchesani, entrambi nel rione marino. Aveva una capienza complessiva, preventivata all’inizio, di 280 posti, poi diminuita a 170. Il servizio di sorveglianza era effettuato da 12 carabinieri, e quello sanitario dal Dr. Nicola D’Alessandro. A dirigere il campo, fino al 16 agosto 1943, venne riassunto il Commissario in pensione Giuseppe Prezioso, poi sostituito dal Vice Commissario Aggiunto di P.S. Giuseppe Geraci. Nel campo di Istonio vi si internarono, soprattutto, italiani ritenuti “pericolosi”, e solo negli ultimi mesi, precedenti la chiusura, gli slavi. Nel luglio 1940 arrivarono i primi 79 internati, tutti italiani. Sei di essi erano stati internati, perché “sovversivi schedati”, gli altri perché ritenuti “pericolosi in linea politica”. Il 15 settembre erano presenti nel campo 109 internati tutti italiani ritenuti “pericolosi”. Per tutto il 1940 venne utilizzato solo l’albergo, mentre la villa degli eredi Marchesani rimase quasi sempre vuota. Nell’estate del 1941 il campo venne interamente occupato: superò pure il limite massimo di capienza, raggiungendo, nell’autunno dello stesso anno, le 185 presenze con ben 15 internati in più. Nel mese di gennaio 1941 venne scoperta, dallo stesso direttore, un’organizzazione sovversiva che si stava formando all’interno del campo: i promotori, Mauro Venegoni e Angelo Pampuri, vennero trasferiti alla colonia delle Tremiti. Anche nel 1942 il campo rimase sovraffollato; solo nel 1943, il numero degli internati scese, intorno alle 150 presenze. Nello stesso anno arrivarono, trasferiti da Tortoreto, 52 internati “ex Jugoslavi” ed in seguito altri slavi, trasferiti da diversi campi, tutti ritenuti particolarmente “ostili verso l’Italia” . Le condizioni di vita, nel campo di Istonio, vennero rese difficili dalla mancanza di spazio e degli infissi in alcuni locali, dall’insufficienza dei servizi igienici, dalle difficoltà di approvvigionamento del vitto e dall’atteggiamento arbitrario, nei confronti degli internati, del direttore Vincenzo Prezioso. All’inizio il direttore non autorizzò l’approntamento di una mensa comune nel campo e costrinse gli internati ad andare nelle trattorie del paese, creando gravi disagi ai meno abbienti. In seguito venne stipulato, per il servizio mensa, un contratto con la ditta S.P.I.A. Molini e Pastifici di Casalbordino, la quale, peraltro, spesso distribuì cibo avariato agli internati. Dopo il, 25 luglio 1943, le autorità militari sollecitarono la chiusura del campo, perché nei pressi di Istonio erano iniziati dei lavori di fortificazioni per la difesa del territorio, e gli internati, dei quali alcuni accusati di spionaggio, potevano vedere, sapere e forse riferire quello che si stava facendo. Il Ministero dell’Interno, per la mancanza di posti disponibili in altri campi, dispose, solo il trasferimento degli elementi più pericolosi mentre il campo continuò a funzionare fino alla fine del settembre successivo.

Written by vastesi

febbraio 16, 2007 at 5:21 PM

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